Un lettore di professione è in primo luogo
chi sa quali libri non leggere; è colui che sa dire,
come scrisse una volta mirabilmente Scheiwiller,
‘non l’ho letto e non mi piace’.
Il vero, estremo lettore di professione potrebbe essere
un tale che non legge quasi nulla,
al limite un semianalfabeta che compita a fatica
i nomi delle strade, e solo con luce favorevole”.Giorgio Manganelli, Il Padrino (in Lunario dell’orfano sannita)
Mi ha scritto un’amica, indignata perché la scrittrice Valeria Parrella “è ormai considerata da tutti la nuova esponente della nuova narrativa del Sud”, e ha aggiunto che si aspetta una risposta “di appoggio”, che, per spirito puro di amicizia, non mi sento di negarle.
Di Parrella ricordo di aver letto una volta di sfuggita, durante una passeggiata nel supermercato Feltrinelli di Bari, un raccontino sul terremoto. Ho avuto l’impressione che volesse fare la spiritosa con le parole, un po’ come certi comici televisivi che infine non sai se fanno più pena o più tenerezza. Sembrava alla disperata ricerca di qualcuno che ridesse o, al limite, che approvasse con un “brava!” la sua esibizione sul palcoscenico della letteratura. Riposi leggermente deluso il libro che avevo preso in lettura dagli scaffali ricolmi del supermercato Feltrinelli anche perché quel giorno ero particolarmente stanco avendo camminato sotto il sole cocente dell’estate, ed ero in cerca di qualcosa che mi desse refrigerio, non di un comico fallito.
Mia cara amica, non credo di avere altre osservazioni “di appoggio” da offrirti su Parrella. Però, già che mi trovo, penso che potrei dire qualcosa anche di Melissa P., innanzitutto perché mi sembra una scrittrice più “nuova”, nel senso che dici tu, di Parrella, e poi forse è anche più giovane e bella. Melissa P. è una ragazzina oggi ventenne, e domani trentenne, mentre ieri, cioè all’epoca della scrittura del suo libro, era inequivocabilmente quindicenne. Il suo libro consisteva, a quanto ebbi modo di sentire di sfuggita nel corso di un popolare talk show televisivo, in un racconto di azioni puttanesche perpetrate dalla narratrice, che l’autrice sosteneva profondamente compromessa con la sua propria persona nonché con la sua propria autobiografia.
Un altro libro che mi viene in mente, sempre pensando alla Parrella, è Io volevo i pantaloni, di non ricordo più chi, sempre donna giovane però, forse maritata, un libro di qualche decennio fa che suscitò scalpore dio solo sa per quale oscura bega moralistica. Non so perché mi viene in mente questo tipo di libri, pensando alla Parrella, ma è un po’ come quando leggi Leopardi e ti vengono in mente i Greci, o come quando leggi i Greci e ti viene in mente Leopardi. C’è qualcosa di più di una corrispondenza, che non è difficile cogliere, ma che nemmeno è semplice spiegare in quattro parole, tanto sono profondi e significativi i legami.
Quand’è così, allora, mia cara amica, meglio aspettare la certamente feconda messe di studi critici sull’autrice in questione, che sono sicuro non tarderà a piovere da ogni anfratto editoriale al fine nobile di orientarci. Dopodiché, potremo anche noi con avvedutezza profilattica inforcare la Parrella, ovvero la sua opera, per coprirla di affettuose attenzioni da lettori colti. Sperando che nel frattempo non sia invecchiata troppo.