[…] Mi viene in mente lo stanzone del “Circolo di cultura Fantuzzi”, che a quei tempi era il circolo degli anarchici del quartiere Fantuzzi, presieduto dal signor Di Bago. Là si facevano spesso delle serate danzanti, oppure dibattiti politici in polemica con i comunisti del quartiere Mame. Ma ora ci vedo grandi tavolate, facce ridenti, invitati vestiti da matrimonio. Vedo la signora Flora, guardarobiera dell’Albergo del Leon d’Oro, che a suo tempo aveva aiutato la Rossana Mussetto. Poi vedo il rottamaio Tarattis, e il postino Bisceglie, e l’apprendista fornaio Mengoli, soci fondatori del circolo anarchico Fantuzzi, assieme al barista Di Bago e al meccanico Zanini. Poi qui c’è un signore con la testa pelata che si alza a fare un discorso sulla felicità dei coniugi, la quale sarebbe portata dai figli, secondo lui. Tutti applaudono, alzano i bicchieri, lanciano auguri agli sposi. E io mi chiedo: ma chi si sposa? E perché mi sembra una di quelle tavolate dei tempi in cui c’erano ancora gli eroi, e ognuno faceva parte di un popolo di eroi?
Nel tavolo centrale ora vedo uno che conoscevo ai tempi del mio liceo: un giovanotto calvo di nome Fregatti, venditore di anticrittogamici. È lui lo sposo, mentre la sposa è la Rossana Mussetto di Villa Peruzzi. Eccola dunque qua, dopo tanto tempo! Ma dov’era andata a finire? Nella mia visione vengo a sapere che Rossana ha fatto per anni la barista nel bar davanti al macello comunale, fin quando il calvo Fregatti non le ha proposto di sposarlo. È una ragazza spigliata che mi piace molto, e ora sta parlando con mia madre, seduta accanto a lei.
Poi si alza in piedi mio padre a recitare un augurio che ha scritto lui stesso, un augurio rivolto alla sposa, con parole così belle che tutti restano incantati. Mio padre spiega che il suo sogno sarebbe stato di vivere con le opere della sua penna, e non fare lo schiavo di Babilonia per gli sfruttatori delle banche. Ma poi aggiunge che non se la sentirebbe di vivere come quel povero Tritone che deve scrivere un romanzo all’anno, perché lui (qui mio padre si tocca il petto) scrive soltanto quanto “amor gli spira”. Tutti lo applaudono calorosamente, e il postino Bisceglie, il rottamaio Tarattis e l’apprendista fornaio Mengoli, aggiungono saluti di trionfo gridando: “Bravo signor Celati! Così si parla! Abbasso gli sfruttatori delle banche!”. Allora vedo mio padre che è preso dalla commozione e ha quasi un singhiozzo in gola.
da Un episodio nella vita dello scrittore Tritone,in Gianni Celati, Vite di pascolanti, Edizioni Nottetempo, 2006