Nei giocattoli c’è un qualche dio nascosto, molto puerile ma molto sfrenato. I giocattoli non hanno organi, come diceva Kleist, ma sui loro corpi si innestano pròtesi di tutti i generi che scatenano balzane fantasie.
Collo torto argento olivo
Nuca da ragioniere
Testa tubo catodico a popone
E il cucuzzolo scintoista del Giappone
Bocca merla
Gola assolata di paglia
Ombelico ramato sulla pancia
E l’ulcera fraterna della Francia
Mento verde di tucano
Labbra sottili a spicchio di limone
Orecchie trombe del blu
E il naso cioccolato del Perù
Spalle violino di spaventapasseri
Clavicola sbottonata ma sincera
Sterno senza umano diritto
E le valli ascellari dell’antico Egitto
Groppa spiraliforme da babbuino
Dorso ocra carriola
Scapole verde vinile
E il culo ingordo del Brasile
Cuore spezzato in ptosi
Valvole dolce raccapriccio
Arterie prigione piranesiana
E il pulsare Ghana tenebra mattana
Gambe rosso di toro
Cosce bucce d’arancia
Ginocchia con toppe di fustagna
E il polpaccio del torero di Spagna
Piede di nero rapace
Pollice polare duplice
Unghie rosso triglia
E il mignolo folcloristico della Mongolia
Sangue miglio decorticato
Nervi azzurro salice
Pelle fumante a sbuffo di treno
Il corpo spaccato dall’arcobaleno.