da bambino m’impegnavo
in molte sfide, fissare
il sole, resistere
al solletico, privarmi
del respiro.
non vincevo e non morivo
perché subito fallivo.
*
il corpo non è una piuma
un anello di fumo.
lunghe prove per la rincorsa
lo stacco
il movimento in volo.
perduta sui talloni
l’impresa clamorosa.
vibra lungamente l’asticella
prima di cadere.
*
per aria, a vuoto girano
le ruote.
la pista somiglia
a un girasole, la macchina
è un insetto
rovesciato dentro
il fiore.
*
il giavellotto s’allontana,
dimenticata la spallata
il merito è del vento
contrario e leggero.
*
il velocista immagina la pistola
dello starter puntata
verso il cuore.
senza essere colpito inizia
la sua corsa
come un cinghiale
ferito.
*
senz’anima né usura.
d’estate tutti i giorni
le due del pomeriggio
fino al buio
giocavamo in una curva
a gomito
in salita.
per la sfida decisiva
all’ultimo sangue
salivamo al grande campo
vicino al camposanto.
*
immaginate uno strano intervallo
dove i perdenti
chiudono le porte
e non vogliono più uscire.
qualcuno si concede un pediluvio
un’amorosa fantasia
c’è chi gioca a carte
o sfoglia
una rivista,
il terzino nell’angolo
sta scrivendo
una poesia.
*
le mani sulla fronte.
fermo, muto.
lo scacchista medita
sul cavallo perduto.
*
con eleganza
naturale o costruita
le danzatrici sembrano
bambine uscite
dall’infanzia per raggiungere
traguardi
ambiti o solo per mostrare
i giochi
più riusciti.
*
il profilo della coppia
è un calice colmo
di sudore. l’uomo
apre e chiude
le figure, ma è la donna
che ha
le piume.
*
ma qui solo sonniferi e congiure,
dove sono gli avversarsi che cercavo?
così diventa facile
sbagliare, perdere
mai più dimenticare.
*
il garbo
dell’inchino, gli applausi e i fiori
i baci
agli spettatori. le ragazze
coi pattini somigliano
alle attrici, pensano
molto al proprio
ruolo, dimenticano
il ghiaccio che copre
il suolo.
*
rimasto a lungo
in panchina
chiamato a riscaldarmi
all’improvviso
resto avulso
dal gioco
cerco il fuoco
della gara
e non lo trovo.
*
il clamore
la guerra
la calura
scarpe e striscioni
bandiere e tamburi.
lo stadio sembra
una fusoliera.
la folla a picco su di noi
non è qui
per svagarsi
vuole solo
vincere
infiammarsi.
*
io non sono stato mai felice
fuori dalle gare
e ora non so
che fare
presto devo decidermi
a lasciare
divento sempre più
lento
e impreciso.
il mio corpo è una reliquia
della baldanza
e dello stile.
*
i giocatori di bocce
restano tesi
dopo il tiro
muovono appena
la testa
la spalla
come se volessero
indicare la direzione
alla palla.
*
inespressiva
esangue e sfinita
s’allunga la noiosa
sfida.
azioni prevedibili
e scontate
nessuno ha più il coraggio
dei tuffi
e delle sforbiciate.
*
un’enorme crosta di parole
la colla del già detto
gli annunci le polemiche.
intervistati dopo il trionfo
i campioni si dichiarano contenti.
sono forti e non hanno
altri sentimenti.
*
ci vuole una rincorsa furiosa
uno stacco perfetto
nell’ultimo salto che mi resta.
come nella vita, nel suo destino
intangibile
si tratta di cadere
il più tardi possibile.
*
non sa più nulla della terra
il nuotatore delle grandi traversate
avanza sperduto tra le onde
con infinite, lentissime
bracciate.
*
volevo fare il giornalista
sportivo
viaggiare, raccontare grandi imprese
e ripartire.
questi sono i miseri resti
le prove
di come una vocazione
può fallire.