Quattro amici decisero di trascorrere una giornata al mare.
I quattro amici si conoscevano da molto tempo, da quando erano poco più che bambini; ora erano giovani uomini e giovani donne, ma quel giorno pareva loro molto simile – chissà perché – ad un altro che avevano trascorso insieme molti anni prima.
I quattro amici ricordavano bene quel giorno di molti anni prima, perché – proprio per ricordarselo per sempre, quando sarebbero cresciuti – allora avevano comprato un libro sulla prima pagina del quale ciascuno aveva apposto la propria firma e la data: 20 aprile 1988. Quel libro era “Il grande Meaulnes”di Alain-Fournier; e, da allora, i quattro amici lo avevano conservato un po’ per uno e lo avevano letto e riletto.
I quattro amici non sapevano perché quel giorno sembrasse loro così simile a quel vicino e lontano 20 aprile, ma così era per tutti e quattro: se lo dissero appena si videro, quella mattina molto presto intorno ai tavolini all’aperto di un bar nel centro di Milano, dai quali la città appariva sempre meno brutta di quel che era – e furono molto contenti di scoprire che la loro amicizia consentiva di essere d’accordo anche sui sentimenti più semplici. Era una fresca mattina di primavera, era una di quelle mattine nelle quali a chi è felice sembra che chiunque lo debba essere; e per festeggiare tutte queste sensazioni i quattro amici decisero di partire, anche perché il mare era lontano appena poco più di un’ora con il treno ed era sabato.
I quattro amici si salutarono e si diedero appuntamento poco più tardi, soltanto per avere il tempo di preparare un piccolo bagaglio per quell’improvvisa vacanza: un costume da bagno, un pullover casomai fosse venuto il freddo verso sera, una racchetta da tennis per giocare su quel campo ai bordi del mare; C. prese con sé anche “Il grande Meaulnes”, un po’ perché era tempo che lo conservasse A. e un po’ perché l’amicizia ha spesso bisogno di essere condivisa anche attraverso il rinnovo del ricordo. Ma quando i quattro amici si ritrovarono e salirono sul treno, C. si dimenticò di dire che nello zaino – oltre al costume da bagno, al pullover, alla racchetta da tennis – aveva anche “Il grande Meaulnes”: il treno partì subito e fuori dal finestrino erano già boschi e campagna.
Il viaggio fu breve e divertente: in un volgere di risa i boschi e la campagna erano già montagne e colline, erano il mare che si avvicinava; e fu soltanto a questo punto che i quattro amici tornarono con la mente a quel 20 aprile di molti anni prima, ognuno cercando di ricostruirne questo o quel dettaglio: il vento che faceva tutto limpido, il profumo che l’aria emanava o sembrava emanare anche per le strade, quella partita di tennis in quel campo nascosto fra gli alberi che lo ombreggiavano, quel pranzo sotto il pergolato di glicine dentro il parco, i ricordi del viaggio dell’estate precedente, i progetti per il futuro, quel pallone trovato in un cespuglio e con cui avevano giocato per un po’, la corsa sull’erba (liberatoria come quella che avevano visto fare in “Jules e Jim”). Era stato dopo quella corsa che – ancora affannati – i quattro amici erano entrati in quella libreria dove tante altre volte erano già stati, in cerca di un libro che potesse sopravvivere alle emozioni di una giornata; ma questo i quattro amici non fecero in tempo a ricordarlo, perché proprio mentre stavano per farlo il treno arrivò a destinazione: il piccolo paese li accoglieva con un vento che scompigliava i capelli, e dal mare che si intravedeva al di là delle case proveniva già un profumo giovane e nuovo. Era ora di pranzo, e – quasi confusi dal vento e dal profumo, e forse con un leggero senso di malinconia nell’animo – i quattro amici si diressero verso una trattoria che A. conosceva per averci mangiato tanti anni prima con i genitori; durante il cammino non parlarono, ciascuno in cuor proprio cercava di capire perché quel velo di malinconia li avesse improvvisamente sorpresi.
Il silenzio durò soltanto fino alla trattoria: che aveva dei tavoli all’aperto sotto un pergolato di glicine in fiore, ed era pressoché vuota. I quattro amici mangiarono molto, bevvero vino, fumarono qualche sigaretta e ritrovarono l’allegria di poco prima; e così ben disposti decisero di trascorrere senz’altro sulla spiaggia la prima parte del pomeriggio. L’estate era ancora troppo lontana perché l’acqua fosse abbastanza calda da potervisi immergere, ma l’aria era tiepida: i quattro amici si sdraiarono sulla sabbia in costume da bagno, e parlarono a lungo di tante cose. I. rievocò il viaggio che avevano fatto insieme l’estate precedente, e rise ancora al ricordo di un episodio comico che li aveva coinvolti; T. confessò qualche pensiero che ultimamente lo preoccupava riguardo al futuro; C. e A. raccontarono dei progetti che avevano per i prossimi mesi.
C. avrebbe voluto leggere ad alta voce una pagina che ai quattro amici piaceva molto del “Grande Meaulnes”, e stava per proporlo; ma I. l’anticipò per un soffio, e suggerì di andare a giocare a tennis su quel campo che vedevano dal punto dov’erano sdraiati e dove in passato avevano già giocato. Era un campo da tennis a ridosso del mare, in terra battuta ben curata e protetto da cinque pini che gli facevano ombra; era uno di quei campi da tennis che invogliano a giocare, e davanti ai quali anche chi sappia di non giocare bene si illude di poter sconfiggere chiunque. I quattro amici chiesero in prestito tre palline al gestore del campo, e giocarono in doppio – I. e A. contro C. e T. – per un’ora; giocavano e ridevano, e la malinconia che prima di pranzo li aveva sorpresi sembrava lontanissima: l’ombra dei pini proteggeva anche i quattro amici, che quando ebbero finito di giocare si sentirono molto stanchi.
Il sole iniziava a tramontare sul mare mentre i quattro amici tornavano verso la spiaggia, spingendosi l’un l’altro dai fianchi e cercando di spruzzarsi con l’acqua; il vento era sempre leggero, e calmava i pensieri; un pescatore che conoscevano li salutò da un muricciolo, con la mano scura e venosa. I quattro amici stavano pensando che era quello lo stato d’animo in cui avrebbero voluto vivere ogni giorno della propria vita, quando T. scorse un pallone sotto una barca issata a riva e corse a prenderlo e propose una nuova sfida. I quattro amici non erano già più stanchi dopo la partita di tennis, e mentre il sole scompariva del tutto dalla vista giocarono confusamente per un po’: i quattro zaini (A., I. e T. non sapevano che in quello di C. c’era “Il grande Meaulnes”) servirono per costruire le porte, e A. segnò infine un bellissimo gol dopo il quale esultò come fanno i bambini esclamando: “Abbiamo vinto!”.
Era quasi buio, e fra mezz’ora sarebbe partito il treno del ritorno a casa: quando i quattro amici se ne accorsero, decisero di fare una corsa anche se sarebbe stato sufficiente camminare. Fu una corsa propiziatoria; mentre correvano, C. sentiva di essere felice.