Ai poeti del secolo 21
Ci sono tulipani e begonie a un chilometro da qui
un solo chilometro dall’inverno e dalla pioggia
ma io rimango a qualche metro di campeggio
fuori città, come il buon amico Saba,
che aspettava lettere di due anni prima a vuoto.
Non mi interessa più fare il campione
di galateo plebeo e intelligenza interessata
e solo questi fiori posso dare, tulipani e begonie
fuori stagione, strappati da un mondo sotto sale
di veleno e indifferenza che vi annienterà tutti.
Ma è a te che li porto questi fiori
come è vero che non c’è altro motivo
che farti entrare in questo libro facile e vicino
che ti cerca e ti trascina nel tuo mondo
non per restarti in cuore, come in fondo vorrebbe,
ma per dirti chi eri e cosa hai perso
per diventare qualcuno o qualcosa,
mentre siamo niente, fratello, siamo niente.
Continuità
Ripassando per una strada un tempo amata e conosciuta,
con amici come gli altri che in quella stessa strada
davano al mondo una figura ordinata,
un viso concluso sotto un tunnel di ricordi,
vedendo un uomo che ti filtra con lo sguardo
quasi del colore della ringhiera di casa,
puoi non chiederti se il tempo è passato davvero
e il povero cielo vede qualcosa di nuovo,
ma di te puoi pensare che un altro giorno è compiuto
che davvero c’è una gru gialla che sposta materiali
che se la notte è oscura è perché nessuno la guarda
che c’è l’asfalto dove l’auto inciampa sempre.
Ma di certo non sai cosa rimpiangerà domani
questo vivere ancora e per sempre,
e come sei diventato il guardiano di un oceano
in uno spazio perduto e lontano
dove pochi verranno a disturbarti
e chi ti cerca non sarà un amico.
Pratica
Se lavori a giornata con ogni tua parola
e qualcuna la perdi per caso o per strada,
è perché sono alberi o pareti, facili da dire,
e servono a chi ascolta per restare in piedi,
non perdiamo un compagno o un fratello
ma chi non vuole entrare nel discorso
e vuole tacere per noi e per se stesso
ramazzando e lasciandoci al futuro
per fare pulizia nella mente e nel cuore.
Se poi è la strada o la lingua che si perde,
ricorda che è soltanto un racconto fatto al mondo
di parole messe al centro tra legname e fascine,
e se le insegui, ti ci stanchi o le rincontri,
ci metti dell’impegno e valichi il tuo tempo
scordando nel camino la tua vita da bruciare.
Pibe de oro
Assisteremo ancora in mondovisione
alle bravure mitiche di Diego
ma non diranno che avevo nove anni quando sbarcò a Napoli
e che tutto allora sapeva di speranza anche per me
protetto dal mondo e dalla mondovisione,
senza scale da salire né niente da promettere,
solo una tavola apparecchiata con povertà e grandezza
di chi vive senza sapere come né perché
contento di aver visto la luce un altro giorno
e che un altro giorno la luce si sia accesa anche di sera,
forse non pensando che il bello sarebbe finito
come finisce un calciatore o un matrimonio
e che senza badare a me non avrei fatto molto,
solo ricordare che c’era qualcuno in mondovisione
che potevo diventare come lui,
quelle cose che si pensano a nove anni,
sotto la carezza di chi ti ama proprio adesso
e ti darebbe il mondo vero se potesse
ma non lo dice come si dovrebbe
perché niente in fondo si sa dire
e ancora meno, ancora meno, si conosce.
Verso nord
Proprio qui da Vicenza dove è la clinica dei matti
nella quale mi riposo come un vecchio già da giovane
e la parola mare non suona più come parola familiare
ma solo come distanza dai nomi portati tutti falsamente
si vede meglio come la retrovia della vita
abbia ancora bisogno di un colpo di sole
che la consegni alla pace senza tanta ripugnanza
come nel silenzio delle Prealpi in lontananza
si riascoltano i morti, ora nudi ora vestiti,
a seconda del bel tempo e del vento stizzito
o del ricordo cui manca sempre o spesso
il respiro, una devianza, un freno della mente
che lo renda preciso e incostante.
[Queste poesie sono tratte da La nudità (Pequod, Ancona 2010) di Stelvio Di Spigno]