Qualche giorno fa su un aereo, una hostess che appariva volutamente sgraziata e poi ogni volta prontamente si scusava, ha avuto da un cinese anziano ed elegante una risposta che sembra un motto: Don’t be sorry, be careful!
La mancanza di attenzione verso le cose che riguardano gli altri viene ritenuta, in segreto, da chi la usa come atto di forza, da chi la riceve come malevolenza, mentre è solo una prova del progressivo detrimento dell’intelligenza. Chi la pratica, la ritiene una specie di scienza sociale, ogni singolo atto, a guardar bene, è calcolato in base ai rapporti di forza, e nulla sfugge, nessun gesto in questo senso si può dire delinquenziale. Mettiamo l’abitudine a non rispondere alle richieste, alle mail per esempio, che è diventato quasi un vezzo di chi se lo può permettere (la probabilità che vi rispondano è direttamente proporzionale al ‘peso’ sociale che avete), in base all’assunto che niente rafforza piú l’autorità quanto il silenzio, come diceva perfino il gen. De Gaulle. E poi, dimenticarsi i fatti che riguardano gli altri si giustifica con le troppe cose che si hanno in testa, e in fondo è vero, sancisce l’abitudine che è diventata natura, quella di vivere senza mondo, ben chiusi nella propria scatola cranica. Tanto poi, se c’è il caso ossia la convenienza, ci si può sempre scusare.
In effetti, le condizioni percettive sono talmente cambiate, perfino i parametri spazio-temporali sono cambiati grazie alle ‘estensioni’ mediali, che è come se ci ritrovassimo ad applicare a un hardware del tutto nuovo (il mondo) un software (la nostra mente) parruccone e incipriato. Eppure dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti: l’attenzione, l’intenzione, la concentrazione, la memoria, la coscienza del mondo attorno a sé stanno diventando ogni giorno che passa più insopportabili, fonte di disagio per chi ancora ne soffre un po’. Per non soffrire di tale condizione svantaggiata non c’è altra cura che dimenticare sempre di più, accorgersi poco, accettare i limiti sensibili ed esperienziali che formano le coordinate della realtà vigente. In tre parole vivere senza mondo.
Che la virtù sia scienza cognitiva e non una bella disposizione dell’anima, lo avvertiva già Socrate, non è roba dell’ultim’ora.