2.
– Le cose che tu scrivi (mi ripetono)
mi sanno di Betocchi e un po’ di Pascoli,
che già a Sereni davano la nausea,
con tutta la manfrina del neolirico
neolitico: il tormento, il vento, gli alberi,
il buio, l’alba, il senso del crepuscolo…-
Amico, sì, la musica degli angeli
è fuori moda, sin da quando gli uomini
cadendo alti sulle ali si spiaggiavano
tra i fuochi in Normandia. Non ci ho la musica
degli angeli – non l’ha Sereni: credici,
che posso averla io! E però chiediti
se va che ci sbrachiamo ancora in termini
di fogne e corpi marcescenti e putridi
per isterismi, polipi e tentacoli
e an die Oeffnung perché poi lo prendono,
e di preposizioni articolabili
da chiuderci in bruttezza due versicoli.
– Ma (gemono) sèi poco democratico
e pure manierista, e un po’ neoclassico…
e un filo rompiballe, a dirla limpida:
e non c’è traccia di denuncia organica
al nodo del sistema, al cupo vortice
che guida al niente gli uomini e li stritola… –
Sarebbe bella la denuncia organica,
non fosse il repertorio un po’ chiesastico
di questa oligarchia che la vanifica,
e la trasforma in soddisfatta mistica
del corpo stercorario. Amico, gli esseri
di questo tempo già si decompongono
e ai nostri giorni gli avvoltoi non mancano.
Sui groppi di macerie che si sfaldano,
sui truci immondezzai, sull’aria torpida
che dai camini fuma di cadaveri,
non resta più che il vento e le sue nuvole.
E certo è questa un’epoca ammirevole,
se per la strizza d’un giudizio critico
finiamo a censurare il vento e gli alberi.
[II – continua]