Intervista ad Alberto Volpi

Opera di Francesco Lauretta

Gustavo Paradiso: Vogliamo cominciare dal titolo? Perché L’animalista?

 

Alberto Volpi: Be’, il titolo potrebbe generare qualche equivoco, perché qui con “animalista” non si intende il significato oggi più corrente, cioè quello di amante o difensore degli animali, ma piuttosto chi scolpisce soggetti di quel genere. Si tratta del protagonista del primo racconto, che svolge anche ruolo di introdurre alla raccolta. Potrebbe essere controfigura dell’autore stesso, dipintore di storie di animali. E risolve, almeno in parte, il problema, nei racconti ancor più difficile che in un  romanzo, di sintetizzare un’opera in una sola parola.

 

Gustavo Paradiso: Però un filo rosso è presente…

 

Alberto Volpi: Sì, c’è una vocazione costruttiva. Più evidente o nascosto in dettaglio, con valore portante o in modo laterale, ogni racconto fa riferimento a un qualche animale, a qualche tratto animalesco da cui la mia immaginazione è stata catturata fin dalla fanciullezza. E allora torniamo alle illustrazioni, in questo caso dei libri, e all’animalier.

 

Gustavo Paradiso: È questo l’elemento che porta verso correnti di fantastico?

 

Alberto Volpi: Uomini che volano, o dicono di volare come fringuelli, che sparano alle proiezioni di sé create dalle chiacchiere altrui, che si cospargono di profumo per coprire il sospetto del selvaggio, che hanno impiantate quattro mani pseudoscimmiesche… Però stiamo all’interno di narrazioni perfettamente leggibili, con un capo e una coda: l’insidia del fantastico resta come un’ombra di qualcosa mosso sotto il pelo dell’acqua.

 

Gustavo Paradiso: Allo stesso modo dello stile…

 

Alberto Volpi: La voce spavalda del leone, quella circuente del rettile, o quella del rapace che afferra in volo metafore, inevitabilmente alata, il dotto argomentare del quadrumane portano con naturalezza fuori, verso l’eccentrico. Bisogna ingabbiarle nei fatti. Certo però si compiacciono del discorso che integralmente li rivela e nel quale si nascondono.

 

Gustavo Paradiso: Ci sono scrittori che hanno saputo meglio di altri ascoltare e riprodurre queste voci?

 

Alberto Volpi: Savinio e Landolfi per esempio; amanti delle bestie strane, del breve e della propria retroavanguardia.

 

Gustavo Paradiso: La nota generale del tutto è piuttosto bruna, o mi sbaglio?

 

Alberto Volpi: Si trovano, credo, aperture di ironia, però in effetti i personaggi sembrano nel flusso di una storia, più o meno esplicitata nei suoi momenti, che conduce a delusioni, promette disastri. Altre volte sono rovelli d’amore o di metafisica a tenere il campo. Qualcuno ha detto che la superiorità di un uomo liberatosi dal desiderio di vivere è grandissima e che chi non vuol dire di sì alla vita dovrebbe almeno pronunciare il no dei santi. In questo caso non arriviamo a tanto, ma siamo perlomeno di fronte a marginali combattenti che rilanciano la sfida a sé e al mondo.

 

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