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E l’oscuro poeta
diluvia ottave e sputacchia sonetti
sperpera carta e inchiostro
si secca il cereviello
consumando sia i gomiti che il tempo
solo affinché la gente
lo ritenga un oracolo mondano.
Sembra uno spiritato
pallido e rimbambito
a causa dei concetti
che fantastica e impasta,
e va parlando da solo per la strada,
scovando voci nuove a mille a mille:
torreggianti pupille
liquido sormontar di fiori e fronde,
funebri e stridule onde,
animati piropi
di lubrica speranza,
oh che dismisurata oltracotanza!
Ma prova a crogiolarlo,
se ne va tutto in fumo:
«Oh che bella poesia!», ma là rimane.
«Che madrigale!», e spende.
E andando a scandagliare,
quanti più versi fa, meno c’è carne.
Loda chi lo disprezza
esalta chi lo perseguita,
eterna memoria serba
di chi se lo dimentica;
dona le sue fatiche
a chi non gli dà niente;
sperpera la sua vita:
canta per gloria e per miseria piange.
“Sono passati i tempi di San Martino, quando si teneva ogni poeta in pianta di mano! Fatto si è che in questa buia età, i Mecenate sono bell’e macinati, e a Napoli per di più – e io me ne addoloro – l’alloro è posto dietro al cavolfiore!”
L’astrologo, lui pure
riceve da ogni parte
tante e tante domande.
Chi vuol sapere se fa un figlio maschio,
chi se sarà buon tempo,
chi se vince una causa,
chi se avrà mai fortuna;
uno chiede se la sua donna lo ama;
un altro se rintrona o c’è l’eclisse.
E qui lui fa papocchi
che ci vorrebbe un argine,
e mezza la indovina e cento sbaglia.
Ma qui dentro al crogiolo
puoi vedere se è polvere o farina:
e se forma quadrati
si ritrova allungato;
e se disegna case,
non ha casa né fuoco;
mostra figure e scopre brutte storie;
sale fin su le stelle
e cade di culo in terra
allorquando, stracciato e sbrindellato,
tutto pezze e pezzolle,
gli cascano le brache
ed ecco ammiri l’astrologia più vera
che mostra l’astrolabio con la sfera!
“Fratello, mi fai ridere, sebbene non ne abbia voglia! Ma soprattutto io rido a crepapelle di chi crede a questa gente, che pretende di predire a un altro e non predice quel che gli viene addosso: guardando le stelle rotola in un fosso!”
Un altro crede d’essere Patrasso
e se la tira e stira,
squadra le sue parole e sputa tondo,
si ritiene il migliore a questo mondo.
Se parli di poesia
salta a piè pari perfino Petrarca,
se di filosofia
può mettere Aristotele in panchina,
con l’abaco lui supera Cantone,
nell’arte della guerra Cornazzano;
tra gli architetti, manda via Euclide;
in musica trova pecche a Gesualdo,
di legge non sa niente Farinaccio,
e in lettere non calcola Boccaccio,
sputa sentenze e blatera consigli
ma non val niente al gioco dei birilli.
Insomma all’atto pratico
osservi, in conclusione,
tra una marea di libri, un gran coglione.
“Oh, che bestialità presumere di sapere più di tutti! Un grande filosofo diceva accortamente: «Chi pensa di sapere, non sa niente»”.
Dove metti l’alchimia e l’alchimista?
Ecco è tutto contento
già si stima felice
e tra venti o trent’anni,
promette cose grandi,
dice cose stupende
che ha trovato stillando l’alambicco,
e spera di esser ricco.
Ma se va nel crogiolo,
tutto diventa niente
e l’arte che è sofistica tu vedi,
vedi quanto è accecato,
sporcato e affumicato,
avendo posto colonne di speme
sopra vasi di vetro;
avendo posto pensieri e progetti
tutti in mezzo a un bel fumo;
e mentre con il mantice
va innalzando le fiamme,
con le parole intanto
alimenta il desiderio di chi aspetta
quello che mai verrà.
Va in cerca di rimedi
e lo prendono per pazzo,
per ritrovare la materia prima
perde la propria forma;
s’illude di aumentare
l’oro, ma diminuisce quel che ha;
sogna di far guarire
i metalli ammalati
ma è lui che va a finire in ospedale;
e cercando di cambiare
l’argento vivo, che si spenda e valga,
la sua vita, faticando, si squaglia;
e mentre immagina di trasmutare
in oro ogni metallo,
si tramuta lui stesso in un cavallo.
“Senza dubbio è una pazzia sposare quest’impresa. Ho visto cento case abbandonate e rovinate! Nessuna luce mai, ma disperato per grande speranza, sta l’alchimista circonfuso di fumo e senza panza”.
Ma per caso ne vuoi ancora di storie?
Ti vedo a bocca aperta ad ascoltare:
fino alla rosa io andrei avanti
se l’anima non stesse per cascare,
che da poco passò l’ora di pranzo!
Perciò filiamo via
e vieni, se ti piace,
alla bottega mia,
le mascelle staranno in movimento:
non manca il pane a casa dei pezzenti.
[IV – Fine de IL CROGIOLO MAGICO SVELATORE]