Welcome to Quarto, ti saluta un graffito colorato alla rotonda che porta in via Eritrea, appena sceso dal ponte Palizzi. Tu sei in macchina, ma pensi che se avessi preso la 57, adesso magari saresti seduto e tranquillo, a osservare la gente che si muove spedita da Quarto Oggiaro verso il centro, mentre tu faresti esattamente il contrario, muovendoti dal centro alla periferia. Ti viene in mente questa cosa della 57 perché è così che Vito Piazza fa muovere i suoi anonimi personaggi per Barbon City, mica con la macchina e nemmeno col taxi, visto che una volta qui neanche i tassisti ci volevano venire. Milanesi non si nasce (pubblicato da Sellerio nel 1996), da quando lo hai letto, è un po’ la tua guida turistica per Quarto Oggiaro: una guida strana, primo perché è un romanzo forte e sofferto, e poi perché non descrive ma racconta, non magnifica ma demolisce. Una guida che, fino a pochi mesi fa, raccontava di un posto a te sconosciuto, anche se non lontano da casa tua. Adesso, invece, ci passi spesso, e hai le idee un po’ più chiare.
Dopo il ponte Palizzi dovrebbe aprirsi l’inferno, più o meno, annunciato da quelle torri enormi che si stagliano nel cielo e che fanno tanto dormitori per sonni seriali. In realtà, però, a te questa zona non sembra poi così diversa dalle altre: palazzoni, cartelloni pubblicitari, filiali di banche, bar, agenzie immobiliari. Quarto Oggiaro non sembra poi così mostruosa, anzi. E poi, l’hai scoperto recentemente, nasconde un cuore letterario, fatto di poesia, di romanzi e di racconti che trovi anche nelle patinate librerie del centro, anche se negli scaffali più bassi e polverosi. Basta poco, infatti, e una svolta a destra ti porta a una biforcazione che unisce via De Roberto a via Trilussa. Sono solo le prime vie che, ad avere solo un po’ di pazienza, ti portano dritte dritte dentro un manuale di letteratura italiana, fatto di marciapiedi, incroci, semafori e mercati, se per caso ci passi di martedì o giovedì. Via Ungaretti è un po’ il cuore inconsapevole di tutto, anche se in realtà sembra così timida ed esile, fatta di muri, cancellate e macchine parcheggiate. Da qui partono, finiscono o si incrociano via Buzzati, via Carlo Levi, e le già citate via De Roberto e via Pascarella. E ancora via Capuana e via Satta.
Ti vengono in mente i grandi classici del parco Sempione, ma qui c’è tanta Italia, tanti romanzi di polvere ed emigrazione, di dialetti, di storia. Una cosa che si adatta bene a Quarto Oggiaro, alla sua edilizia popolare e ai suoi abitanti, che sono ancora quelli descritti da Vito Piazza, cambia solo il luogo di provenienza dei suoi immigrati.
Inoltrandoti nel quartiere scopri che via Buzzati è una specie di desolato deserto nel nulla, altro che vialetti alberati e panchine: una strada anonima, da zona industriale, che sembra perdersi nel retro di un parchetto per bambini, e in cui l’asfalto lascia presto spazio a un ghiaino pieno di buche ed erbacce che, dopo una svolta a gomito, porta a quella che all’inizio sembra una vera e propria via fantasma, che se non vedessi il cartello in mezzo agli alberi e alle sterpaglie, non troveresti mai: è via Silone, ci metti un po’ a capirlo, ed è una mulattiera fatta di voragini, cespugli e bidoni della spazzatura, senza il minimo segno di vita, buona giusta per portare a passeggio il cane. Devi tornare indietro di una cinquantina di metri per accorgerti che ci sono anche due villette, in via Silone, e che proprio lì c’è anche via Carlo Levi, questa sì una via fantasma, senza neanche un cartello che ne certifichi l’esistenza.
Nel tuo girovagare cerchi di tornare a Vito Piazza e ritrovi anche le sue strade, immagini i suoi personaggi muoversi oggi, a quest’ora: il mercatino comunale (uno dei pochi rimasti), la rambla pedonale di via Traversi, la chiesa di via De Roberto, l’avveniristico gabinetto per cani che chissà che fine ha fatto. Milano non sembra più così lontana, o almeno non come la avvertivano i primi abitanti di Quarto Oggiaro, respinti e ghettizzati al di là della ferrovia, in un quartiere allora nuovo e già sbagliato.
La Quarto Oggiaro di oggi è una città nella città, di cui si parla spesso per violenza e criminalità, retaggio del passato da cui si fa fatica a staccarsi. Leggere Milanesi non si nasce e girare tra le sue strade con occhio disincantato gli regala un’altra prospettiva: le città viste con gli occhi degli scrittori, d’altronde, hanno tutto un altro aspetto.