«Lui [Totò] ne ha avuti tre di funerali… Dopo quello di Roma partimmo direttamente dalla chiesa per andare a Napoli… funerale che fu organizzato e curato da Nino Taranto, e poi lo portammo alla tomba al Cimitero del Pianto. A un certo punto, mi sento uno che mi fa così [fa il gesto di bussare] sulla spalla. Mi giro e vedo uno tutto vestito di nero, col cappello nero e una car… un… un affare tutto avvolto in una carta. Mi fa… dice: io sono Campoluongo. Mi ricordai che papà mi raccontava questo fatto di questo guappo che si chiamava Naso ‘e cane, che era un guappo come si usava allora, cioè quelli che proteggevano il quartiere… E lui mi disse… – lui era della Sanità… anche questo Campoluongo… – allora lui mi aprì questo pacco e mi fece vedere una foto di papà che gli aveva dedicato a lui moltissimi anni prima, quando era appena esordiente… E lui mi disse: questa cosa non può andare così, Totò deve avere il funerale a casa sua, alla Sanità. Va bene… Dice: le manderò l’invito. Secco, così. Riparto per Roma, eccetera… Dopo tre mesi – ce lo devo avere ancora, io, il trige… proprio… – dopo tre mesi lui manda questo invito dove c’era scritto…, proprio come se fosse morto in quel momento… Mi telefonò e mi disse: vi mando a prendere… Aveva prenotato l’albergo, aveva fatto tutto… Dice: sotto la mia protezione. Va bene. Insomma, andiamo alla Sanità: questo aveva fatto la bara, nella chiesa – bara vuota! – … come se fosse stato il funerale quello fatto nel momento in cui lui era morto. Una cosa veramente incredibile. Poi lui mi disse: di qualsiasi cosa lei ha bisogno, io sono qua».
(Trascrizione a cura di Gustavo Paradiso)