Re Atalarico al Senato della città di Roma
[1] È risaputo che abbiamo giustamente rimesso nelle mani dei padri le questioni che riguardano i figli, perché proprio quelli devono avere a cuore i progressi di questi, ai quali interessa migliorare nello studio della romanità. Non è infatti credibile che voi possiate essere meno premurosi su un argomento in base al quale non solo aumenta il lustro per la vostra stirpe, ma la vostra assemblea ricava dall’ostinata dedizione alla lettura le sue deliberazioni. Dato che per voi nutriamo un’attenzione affettuosa, di recente, a detta di alcuni, abbiamo saputo che i precettori di eloquenza romana non ricevono lo stipendio pattuito per il loro operato e a causa degli imbrogli di certuni accade che i maestri delle scuole pare vedano diminuiti i compensi stabiliti. [2] Perciò, essendo palese che la ricompensa sia nutrimento per le arti, riteniamo scellerato sottrarre qualcosa ai precettori dei giovani, i quali vanno piuttosto stimolati verso un lodevole impegno tramite l’aumento delle loro retribuzioni. [3] Difatti l’iniziale apprendimento della grammatica rimane il fondamento più bello della letteratura, madre illustre di un’eloquenza che sa riflettere in modo irreprensibile ed espone senza difetti. Questa sa riconoscere durante un discorso un errore stonato così come una buona condotta scongiura un’accusa che non le è propria. Infatti come un musico crea una melodia dolcissima grazie a dei cori armoniosi, così il grammatico, disposti gli accenti secondo la regola, sa recitare i versi. [4] La grammatica è maestra delle parole, abbellimento del genere umano, che, come noto, con l’esercizio dell’incomparabile lettura degli antichi ci viene in aiuto e ci consiglia. Non la utilizzano i re barbari: si sa che è tenuta in considerazione dai sovrani legittimi. I barbari possiedono, infatti, armi e altre cose ancora: l’eloquenza la si trova unicamente come privilegio per i monarchi dei romani. Per questo la competizione fra gli oratori fa risuonare la squilla del diritto civile: per questo l’eloquenza più illustre dà pregio ai capi e, per tacere del resto, è da lì che proviene ciò che noi diciamo. [5] Per questa ragione, padri coscritti, con l’aiuto di dio vi affidiamo questo impegno e questo potere: chi subentra nella scuola degli studi liberali, tanto un grammatico quanto un oratore così come un insegnante di diritto, percepisca da chi è preposto il compenso del suo predecessore senza alcuna diminuzione e, una volta ratificato con l’autorità del capo del vostro ordine e del restante nobilissimo senato, a patto che il singolo maestro sia considerato adeguato all’incarico ricevuto, non debba sopportare alcuna ingiusta rimostranza da parte di chicchessia né a proposito del trasferimento né della diminuzione del suo salario, ma, sotto la vostra guida e tutela e nondimeno grazie alla salvaguardia dei nostri ordini da parte del prefetto urbano, goda in tranquillità il proprio compenso. [6] E perché non nutra alcun dubbio chi ha lo scopo di elargire i salari, non appena saranno trascorsi sei mesi i predetti maestri ricevano la metà della somma stabilita, mentre la restante parte della retribuzione sia erogata entro la fine dell’anno, perché non siano costretti a pagare per l’arroganza di altri, che, quando se ne stanno in ozio per un certo periodo, anche per delle ore, commettono una colpa grave. [7] Quanto da noi decretato, dunque, vogliamo che venga con la massima fermezza rispettato al punto che se qualcuno, nel suo interesse, avrà ritenuto di dover rinviare questo suo compito, in un certo qual modo dovuto, lui stesso come risarcimento per la sua condotta paghi il costo degli interessi, avendo sottratto per la sua colpevole avidità i giusti compensi a chi esercita il suo mestiere in modo esemplare. [8] Infatti se elargiamo le nostre risorse agli attori per il piacere del popolo e le ottengono con straordinario impegno persone il cui lavoro non va considerato così necessario, quanto più devono essere assegnate senza alcun ritardo a coloro, tramite i quali da una parte derivano i comportamenti rispettosi, dall’altra il nostro palazzo s’avvantaggia di ingegni nutriti di eloquenza! [9] Inoltre ordiniamo alla vostra venerabile assemblea di riferire ai maestri di letteratura in servizio che allo stesso modo in cui vengono a sapere della nostra preoccupazione in merito ai loro salari, così sappiano che con maggiore impegno devono perfezionare lo sviluppo educativo dei giovani. Taccia ora quella battuta presa in prestito ai queruli professori della satira, in base alla quale il talento non deve essere ostacolato da due preoccupazioni; ecco è stato oramai dimostrato che i maestri hanno un alloggio accettabile, per cui, impegnati senza sosta in un’unica incombenza, la mente sia giustamente rivolta con tutta quanta l’energia a favorire le pregevoli qualità.
[Variae, IX.21 – traduzione Danilo Laccetti]