Il Regno
di Domenico Rea
Mulattiere prati paglia
i muretti le campagne
di San Mauro i contadini
oche uccelli colombaie
con le gazze, brevi voli,
sulle corde dei colori
i pinnacoli diruti
delle torri. Ai ponti il vespro.
Lieto in nacchere salivo
coi capelli da bambina
con la fionda per faretra
una mazza per cavallo
casco e piume immaginari
fino ai limiti del cielo.
Ivi all’ombra della Luna
sui Tre colli, come buoi
ruminanti il prato bruno,
sul destriero, aspro e felice
come un Dio illuminato,
come un volo era il mio grido.
“O mondo! O tempo!” a falde
decaduto. Il mio regno
inaridito agli orli
di povere dimenticanze.
San Mauro, i ponti di Casolla, di Merichi, di Liporta, i Tre Colli, Chivoli, Castelluccio, Sant’Andrea, pinnacoli e torri (il Castello del Parco) sono ancora a Nofi – questo paese che non riuscii a chiamare mai col suo vero nome – dove fui portato da Napoli nel ’23, a due anni di età. Appassionato dell’Opera dei Pupi, le storie dei Paladini e di altri Guerrieri (Guerin, detto il Meschino, Orlando e Rinaldo, Fioravante e Rizieri, Belisario) furono il primo pane, una prima rozza fonte di cultura e un trampolino per tuffarmi nel pelago delle illusioni.
[I murales ispirati a Rea visibili nella foto qui sopra, scattata in una strada di Napoli, sono di Giovanni Robustelli]