Ti ho sentito
elogiare la pozzanghera.
L’universo, dicevi,
tutto si specchia
nel suo torbido innocente.
Avrei preferito
il contrario,
sentirti elogiare
l’universo,
dire che con tutti i suoi soli
e le tempeste
non è che una pozzanghera
neanche tanto fonda.
***
Ti dicono i versi
parlano ai versi
come la notte
parla alla notte
e il giorno parla al giorno.
Non crederci. I versi
fanno parlare la notte
fino a che il giorno
la vede inarcarsi,
arcobaleno nero,
da mattina
a mattina.
***
Ma se sogni,
allora sogna
che sopra la fragile tenda
delle palpebre
un altro regno giace aperto,
immenso,
bagnato di luce,
dove ogni sillaba
è letta altrimenti.
***
Affacciati, fa’ argine
con le tue poche dita
all’acqua del fiume di lassù,
assapora
l’invidia che ho per te
perché conosci il tempo
che io ignoro
e prega,
prega per me,
che per questa imperfezione,
questo minimo peccato d’ignoranza
sono condannato
a mai lasciare il paradiso.
***
Non dovrebbe importarmi
di giorni e di stagioni,
l’andare e venire di un sole
al guinzaglio delle eclissi.
Ma sempre leggo, sempre
leggo il tuo volto, sempre
il senso del tuo effimero
volere. E mai non passa
ciò che leggo,
mai non passa
l’emozione che l’amante
scruta in volto all’amato.
Il mio libro non si chiude,
la luce sulla pagina è senz’ombra,
il resto è notte
che ingoia le domande,
dove a me non si concede
di lasciare un segnalibro,
ma tu puoi.
***
Tu nato in una gloria strana,
le leggi del regno
e della polvere ti acquistano
la terra del riposo
alla fine del tuo lento
cadere da lassù.
Altro non c’è, sul fondo
del digrado,
che questa rovina
di sterpi spaccati e la strada
cosparsa di vetri.
Ma è qui, non nella gloria,
e con indosso
questi guanti
che affino il mio lavoro
e appresto il tuo.
Andiamo, Sansone tra colonne,
non le abbatti,
non vuoi venire al mondo?
[da Beato chi scrive di Alessandro Carrera, Nottetempo 2016]