a Elisa Masin
Anni dopo, a Jakarta, mi avrebbero spiegato che orang significa “uomo”, e utan “foresta”.
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Al risveglio il soggetto dichiara di non riuscire ad allungare la braccia sopra la testa per via delle sbarre di ferro della testiera del suo lettino.
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Prima incursione ufficiale di Adra nell’arte cinematografica, A maldição è tra le sue opere più tecnicamente costose/misteriose e insieme visivamente meno gratificanti, almeno per lo spettatore che non sia imbevuto delle formule estetiche della più aristocratica esegesi cinematografica, vere e proprie istruzioni per godere correttamente. Con ovvio rimando a una delle più viete escogitazioni di Magritte, il film consiste nell’inquadratura fissa di un cielo con nuvole bianche che passano da sinistra a destra. Uno dei compagni di classe di Adra ricorda la petulanza di Carlos nel chiedere a tutti i compagni, mostrando loro una riproduzione del quadro in bianco e nero formato cartolina, in quale direzione stessero o non stessero andando le nuvole dipinte da Magritte.
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(Estratto dalla dichiarazione spontanea della sig.ra ***, precedentemente impiegata come docente di Grammatica per Adolescenti presso il Pio istituto di S. Satiro per la Gioventù di padre Giorgio Giorgio, rilasciata presso l’Ufficio Affari Politici e Pedagogici di Waltzwaltz)
“Davvero non capisco il perché di tutta la sarabanda. Avevo un metodo di insegnamento tutto mio. Volevo dire baraonda. Sì, avevo un metodo tutto mio. Le parole, le frasi, capite, come le persone e i loro comportamenti. Un paragone con la vita di tutti i giorni, per stimolare– No. No, non mettetemi in bocca– Ecco, appunto. Il periodo si costruisce come la società feudale. Legami di dipendenza a due a due: le subordinate e le reggenti, il vassallaggio. La punteggiatura, i funzionari e la burocrazia. Perché altrimenti la punteggiatura si sarebbe sviluppata in modo così preciso solo in epoca contemporanea? Era perché stava nascendo la burocrazia, la vera forma del potere, niente democrazia, niente politica. Sì, diciamo pure che prima bisognava spiegare la società feudale che almeno secondo voi ma non voglio fare polemica politica ma almeno secondo voi non ha a che fare con la vita di tutti i giorni ma non facciamo tribuna politica.”
(Fine dell’estratto)
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La canna fumaria risaltava sulla parete della casa come le vene sul braccio di mio papà. Facevo un cerchiolino con l’indice e il pollice e esaminavo la canna fumaria centimetro per centimetro. “Lì c’è il fuoco, lì c’è il pentolone, lì c’è il miele, lì ci sono le api che si asciugano, lì quelle che volano. Lì c’è il re delle api.” Solo il re delle api poteva stare in un corridoio così stretto. A volte mi immaginavo di essere io il re delle api, pensavo al buio del camino e alla puzza di miele, e a come doveva essere stretto, come in quel racconto dell’orang utan che caccia il cadavere della ragazza su per il camino. Mi immaginavo di vedere l’uscita del camino, una striscia di luce lontana dove le api passavano comodamente, ma dove io a stento potevo far passare una mano, a malapena sbriciolare [correzione del redattore, a ben vedere opinabile, da un precedente sbirciare] un righello di cielo, e più avrei spinto per uscire da quel pertugio dei topi, più profondamente mi sarei incastrato nel camino, con le api furiose contro il loro stesso re che adesso bloccava loro il passaggio.
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L’inquadratura del quadrato [Allegato F (cfr. comma 38 della circolare /247 del giorno ***): si riporta di seguito un estratto della conversazione tra i lettori della nota avvenuta tra i giorni *** e ***:
Alle ore 14.12 del giorno …(omissis)… l’utente “Deire” posta a margine del bisticcio il seguente commento: “Tutte queste arie e poi … (il resto del commento è stato eliminato dall’estensore della nota)”; alle ore 14.14 del giorno …(omissis)… l’utente “O’Llanin” risponde al commento dell’utente “Deire” postando il seguente url: …(omissis)…; tra le ore 14.15 del giorno …(omissis)… alle ore 01.05 del giorno seguente l’url postato dall’utente “O’Llanin” sotto il commento dell’utente “Deire” riceve 3348 like, 42 faccine arrabbiate, 33 cuoricini, 403 segnalazioni di contenuto inappropriato/offensivo/illegale; alle ore 01.06 del giorno …(omissis)… l’utente “Sopodich” risponde all’url postato dall’utente “O’Llanin” sotto il commento dell’utente “Deire” postando il seguente commento: “Sono rimasta tutto il tempo, a gurdare <sic> le vostre stupide, faccine, like che diventano sempre di più… non so cosa mi da’ <sic> piu <sic> fastdiio <sic> ( piuù <sic> che altro sono shokhata <sic> delle <sic> immagini ma, anche da quei tremile <sic> like che persone ci sono la <sic> fuori come può piacervi tutto questo mi vergogno di <sic> un essere umano come voi ma forse voi non lo siete o non siete capaci di esserlo <sic: la parentesi non viene chiusa>”; tra le ore 01.07 del giorno …(omissis)… e le ore alle ore 08.47 del giorno …(omissis)… il commento dell’utente “Sopodich” riceve 2 like, 148 faccine che si sganasciano, 6 faccine che piangono, 1 scimmietta che si copre gli occhi; alle ore 08.48 del giorno …(omissis)… l’utente “O’Llanin” modifica il proprio nickname in “FastDio”; alle ore 10.03 del giorno …(omissis)… l’utente “Socerino” risponde al commento dell’utente “Sopodich” all’url postato dall’utente (“O’Llanin” >) “FastDio” sotto il commento dell’utente “Deire” postando il seguente commento: “Il video è un feke <sic>”; alle ore 12.01 del giorno …(omissis)… l’utente “FastDio” (< “O’Llanin”) modifica il proprio nickname in “FistDeo”; alle ore 12.02 del giorno …(omissis)… l’utente “Asudich” risponde al commento dell’utente “Socerino” al commento dell’utente “Sopodich” all’url postato dall’utente (“FastDio” (< “O’Llanin”)) >) “FistDeo” sotto il commento dell’utente “Deire” postando il seguente commento: “Primo. <punto fermo sic> si scrvie <sic> FAKe <sic>,; <virgola e punto e virgola sic> SEcondo <sic> non e <sic> fake!!!? <punto di domanda finale sic>; alle ore 12.11 del giorno …(omissis)… l’utente “FistDeo” (< “FastDio” (< “O’Llanin”)) modifica nuovamente il proprio nickname in “FastDio”; alle ore 13.06 del giorno …(omissis)… l’utente “Datp” risponde al commento dell’utente “Sopodich” all’url postato dall’utente (“FistDeo” (< “FastDio” (< “O’Llanin”)) >) “FastDio” sotto il commento dell’utente “Deire” postando il seguente commento: “Sopodich guarda che l’hanno capito tutti che sei anche Asudich, puoi anche smetterla con questi <sic> doppia vita. e <sic> Comunque <sic> il video non è un fake.”; alle ore 13.56 del giorno …(omissis)… l’utente “Diguino” risponde al commento dell’utente “Datp” al commento dell’utente “Sopodich” all’url postato dall’utente “FastDio” (< “FistDeo” (< “FastDio” (< “O’Llanin”))) sotto il commento dell’utente “Deire” postando il seguente commento: “Certo che non è un fake, infatti la donna senza gambe è tua madre ;)”; alle ore 13.58 del giorno …(omissis)… l’utente “Fella” risponde al commento dell’utente “Diguino” al commento dell’utente “Datp” al commento dell’utente “Sopodich” all’url postato dall’utente “FastDio” (< “FistDeo” (< “FastDio” (< “O’Llanin”))) sotto il commento dell’utente “Deire” postando il seguente commento: “Niente spoiler ragazzi 😉 ;-)”; alle ore 13.59 di oggi il presente Ufficio procede come da protocollo alla rimozione di tutti i post dell’utente “FastDio” (< “FistDeo” (< “FastDio” (< “O’Llanin”))) e delle conversazioni connesse; la conversazione di cui sopra viene riportata per dovere d’ufficio; da inoltrare agli Uffici competenti: scopo: eventuale identificazione di Adra o di uno dei suoi collaboratori dietro i nickname utilizzati dagli interlocutori; fine dell’Allegato F] di cielo si interrompe dopo 38’. Non ci sono né titoli di testa né titoli di coda. Pensare che il film voglia essere uno smaccato sberleffo all’incapacità della pittura di fissare il movimento impercettibile (delle nuvole ma anche di qualsiasi altra cosa… per quanto lentamente anche le montagne si muovono senza sosta: questa è la vera fede; proiettato alla giusta velocità, qualsiasi video darà l’immagine di una fiamma) sarebbe riduttivo; a 11’ il video si arresta in un fermo immagine, a 22’ rallenta fino a rasentare l’immobilità per poi ripartire a 23’ con un curioso e in qualche modo disturbante effetto di brusca “accelerazione” passando da una quasi immobilità a un rallentatore più blando. A 29’ il video torna indietro fino a 23’ per poi ripartire; subito prima della fine, a 37’56’’, l’inquadratura viene attraversata da sinistra a destra da una mosca che nel punto corrispondente del video montato nella direzione corretta (25’ 56’’) non c’è. In generale chi ha visto il film (per lo più per il gusto morboso di poter dire di aver visto una pellicola di Adra, seppure una delle pochissime “autorizzate” – ma in fin dei conti non incontestabilmente accreditata — una ricognizione ragionata delle altre attribuzioni proposte nell’ormai datato SOMMARIVA (1991 : 25 sgg.) — – di Adra, un po’ come chi guarda i clown di Gacey o ascolta le incisioni di Charles Manson) dice (se proprio nota la mosca) trattarsi di un fotomontaggio. Di recente VALMARANA (20*** : passim) ha sostenuto che da un confronto puntuale fotogramma per fotogramma delle sezioni da 23’ a 25’59” e da 35’ a 37’ 59”, che mosca a parte dovrebbero comporre una serie palindroma, sono emerse alcune differenze nei contorni delle nuvole di coppie di inquadrature; dal canto suo ZANNA (20*** : 613 sg.) propone le seguenti spiegazioni per l’anomalia (non ancora ufficialmente accertata): 1- differente deterioramento della pellicola; per A maldição Adra aveva richiesto una pellicola <seguono (qui omessi) astrusi dettagli tecnici sui precari equilibri chimici della pellicola in questione>; sebbene sia verosimile un differente logoramento della pellicola, non è ben chiaro perché i bordi delle nuvole dovrebbero apparire differenti tra le due sequenze; la spiegazione resta comunque la più razionale, perché di seguito ZANNA (ibidem) propone che 2 – A maldição sia in effetti non una ripresa, ma un film d’animazione di soprannaturale realismo; la maestria e il tempo necessari per un’impresa del genere (si pensi all’effetto di rallentatore progressivo, già di per se decisamente impegnativo con una cinepresa <ulteriori omesse astruserie>) sono forti indizi a sfavore di questa ipotesi. Occorrerebbe immaginare uno sconosciuto e ascetico maestro del colore disposto a sacrificare la sua arte per la realizzazione anonima di A maldição producendo centinaia e forse persino migliaia di tele ritraenti il cielo con perfezione tale da poter essere scambiate per fotogrammi; conscio di questa difficoltà, ZANNA (ivi : 615) argomenta che non è raro che i grandi artisti siano “poco plausibili”, ricordando la sordità di Beethoven e le braccia mutilate di Michelangelo.
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(Trascrizione della trasmissione radiofonica I figli del Capitan Visiera, puntate dal 10 al 12 gennaio; file audio sotto sequestro presso gli uffici della polizia municipale di Newton (distretto di Waltzwaltz); la trascrizione è attualmente agli atti del processo intentato dai famigliari delle vittime del videogioco NITA™ contro Tomaš Brušek; tra parentesi quadre vengono riportati i rari interventi dei c.d. Figli del Capitan Visiera, attualmente imputati per diffusione di materiale secretato e favoreggiamento. – NOTA PER IL PUBBLICO UFFICIALE INCARICATO: stando alle circolari /764 commi 2 e sg., “Bristol” sarà con ogni probabilità, ma non con assoluta certezza (cfr. comma 6 della predetta circolare e l’allegata corrispondenza con il Capo della Polizia del Distretto di Schwarzschwarz), da identificare con Newton).
10 gennaio. Nel sogno mi trovo davanti alla stessa cattedrale degli altri sogni. Sono con un bambino del quale so con certezza che si tratta di mio figlio, ma questa certezza non è accompagnata in nessun modo da nessun tipo di amore per il bambino. Lo tengo per mano e ad un certo punto, come a riprova della forza del nostro legame di sangue, a tutt’e due inizia a far male una spalla; ci scambiamo un sorriso formale. Siamo in un piccolo paese ai piedi di una montagna desolata. Il paese si chiama Bristol.
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È impossibile dare una relazione dettagliata di un viaggio nel tempo perché il viaggio nel tempo è la stessa cosa che ripetere e rimandare un nastro fino a che ogni figura si sfoca e deforma in un fango, in una statua di fango dai contorni indecifrabili, un tappeto tarmato, come la fotocopia di una fotocopia di una fotocopia, e nelle copie le prime cose a venire assorbite in una specie di marmellata che appiccica via tutto sono i dettagli, finché la marmellata non diventa una melma irriconoscibile rispetto al punto di partenza, cioè alla fine è il viaggiatore stesso a non riconoscersi più o a non sapere nemmeno di aver viaggiato. Bisogna fare piazza pulita di tutte le favole cinematografiche. Non succede affatto di reincontrare sé stessi da giovani o da vecchi. Si tratta di un movimento di tipo mentale e quadridimensionale cioè psichico e intestinale che— [un paio di persone a questo punto abbandona il proprio posto in sala]. Quante volte va copiato un qualcosa perché diventi irriconoscibile? Così accade anche con il DNA, copiato copiato copiato finché l’essere vivente si è trasformato in qualcos’altro, eppure non era che la copia di una copia di una copia. Forse la vera filologia dovrebbe continuare a ricopiare le opere fino a trasformarle in qualcos’altro [le due persone che si sono alzate hanno raggiunto l’uscita].
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L’unica cosa che riusciva a ricordare erano le api.
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(Primo estratto esemplificativo, in attesa di validazione come prova processuale presso il regio tribunale di Briwen, di una lezione di grammatica della sig.ra ***, docente emerita di Grammatica per Adolescenti presso il Pio istituto di S. Satiro per la Gioventù di padre Giorgio Giorgio):
“Solo frasi ben costruite e incanalate in una punteggiatura impeccabile: ecco l’immagine di uno stato perfetto. Solo che la punteggiatura non è mai perfetta, e molti, non facciamo nomi vero? Molti la mettono a caso, soprattutto le virgole, ma poi è anche vero che molti uffici dello stato sembrano messi a caso, no? ma di questo parleremo durante l’ora di educazione civica, che non a caso non si fa mai. Ma anche se non si fa mai aiuta a capire. Soprattutto il Medioevo. La subordinata di II grado dipende solo da quella di I che la regge, non da altre di I, non dalla principale, capite ragazzi? Ogni subordinata dipende solo e unicamente dalla reggente, e da lei dipendono solo le subordinate da lei direttamente rette. Chiarissimo. Il visconte dipende solo dal conte cui ha giurato fedeltà, non dal re, non da altri conti; le coordinate come alleanze (copulative) controversie (avversative) guerre (disgiuntive). Uno dei sinonimi di ultimatum non è aut aut? La politica stringi stringi è una questione di congiunzioni. Parlo della politica che funziona, la maschia politica medievale per esempio. Alleanze ovvero matrimoni, giusto, dicevo, molto giusto quest’intervento. Molto pertinente. Non per niente le chiamano copulative, lo sapete tutti no cosa vuol dire copulare vero? Prendere il vocabolario. Vocabolario, ho detto, non vicabolario. Vicabolario. Ma che roba sarebbe? Non fa neanche ridere. Anche tu, laggiù, tu, come ti chiami. Aspettate che abbia imparato i vostri nomi. Zitti. Lo so come vi chiamate, c’è scritto sul registro, non occorre che continuiate a dirmi i vostri nomi, e poi se parlate tutti insieme non ci capisco niente comunque. Zitti. Vocabolario. Ho detto, ognuno… non importa se è troppo grosso, ognuno deve portare il suo. Ecco. No, non ridete, che c’è da ridere? Guardate che stiamo parlando di grammatica, di politica, di società, foste solo un tantino più furbi dovreste fermarvi a riflettere invece che mettervi a ridere e tirare avanti come niente fosse. Per cosa sarebbe venuta a fare, chiedo e domando, la sua lezione l’esperta sessuale? E dàgli con le risate, smettete subito altrimenti comincio con le interrogazioni. Stavolta non è uno scherzo.”
(Fine del primo esratto.)
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Per la verità dovevano essere vespe, ma dato che lui le aveva sempre chiamate api, bene, allora poteva dire che quello che ricordava erano le api. Uscivano da un armadio e lo inseguivano. Lui aveva sentito le loro ali e aveva pensato che erano voci, o forse non aveva pensato niente, aveva aperto l’armadio dove si erano nascoste e basta. Delle api avevano fatto il nido all’entrata del camino. Il bambino immaginava il fuoco in fondo al camino come una grossa pentola di miele bollente, come colla da calzolai, e le api che ne uscivano, arrampicandosi lungo i bordi della pentola fino a che non erano completamente asciutte e pronte per volare.
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(Continua la Trascrizione della trasmissione radiofonica I figli del Capitan Visiera, puntate dal 10 al 12 gennaio etc.)
[10 gennaio] Sono già stato a Bristol. In quel momento il ricordo che esiste anche una città americana che si chiama così, e che mio fratello ci ha lavorato per alcuni anni, mi attraversa con violenza penetratoria [PRIMO FIGLIO DEL CAPITAN VISIERA: “Pene che?” FIGLIA DEL C. V.: “–tratoria; non ci si metta anche lei che la redazione ha dovuto fare i salti mortali per farci avere il permesso di leggere questa battuta.” SECONDO F. DEL C. V.: “Che ci sarà di male nella violenza penetratoria poi…” FIGLIA DEL C. V.: “Scherziamo? …(omissis)…” SECONDO F. DEL C. V.: (ammutolisce; resta silenzioso fino alla fine della puntata)] insieme alla certezza (e la certezza è ciò che rende raccapricciante e metastatica l’emersione di quel ricordo) di non aver mai avuto un fratello. Ma non è quella, è questa la Bristol in cui sono già stato. Aspirina sotto la lingua, mi sussurra il bambino. Mio figlio. Dev’essere infelice. La cosa non mi dà la minima pena. Lo tengo per mano. Ci inoltriamo nei vicoli di Bristol. Ad una certa svolta, attraverso una sorta di spiraglio tra due case noto un corpo grigio, immenso. È una copia della facciata della cattedrale, più grande dell’originale e incastonata e quasi masticata e maciullata nelle rocce color ruggine di Bristol. Mi piace avere un figlio infelice.
11 gennaio. Mi viene in mente che solo alla mia esatta altezza la commessura tra le due case si allarga quel tanto da lasciar vedere quello che c’è dietro, e la cosa mi pare in qualche modo un privilegio, come se le oscure leggi che reggono l’architettura di un paesino condividessero quelle del mio corpo. Il corpo grigio che intravedo tra le due case è una abnorme facciata di cattedrale che pare appoggiata ovvero incastonata nella parete di roccia color ruggine della montagna che la sostiene e che dà il nome al paesino. Qui qualsiasi luogo si chiama Bristol, persino i torrenti, la famosa nuvola di ghiaccio e quasi tutte le costellazioni. Come ci avviciniamo, ci apre la porta una donna “estremamente gentile” sussurra il bambino, e un moto di orgoglio paterno mi gonfia il petto con l’artificialità e la mollezza implacabile di un mantice da organetto di barberia. Il lessico del più infelice dei miei figli, penso, e nel momento in cui lo penso vorrei perforarmi un timpano con un dito e unghiarmene fuori il cervello. L’interno della cattedrale è arredato con vecchi mobili degli anni ’60. Il marito della donna (da una delle camere sento uccelli che cantano e svolazzano dentro gabbie di ferro, sono così tanti che il tremito delle piccole sbarre di ferro è ininterrotto, quasi un coniglio stesse grattando disperatamente [NOTA PER IL PUBBLICO UFFICIALE INCARICATO: si richiede di verificare l’eventuale compatibilità psico-grafo-struttural-comportamentale con l’Eternità Tormentosa Standard n. 8 altrimenti detta Inferno dei Lettini di Ferro]) è su una sedia a rotelle. Quando mi sveglio è ancora notte. In cielo non c’è nemmeno una nuvola. Vicino a me c’è una donna che non conosco, simile a un personaggio del Casanova di Fellini; mi si butta contro, non è bella ma ha una pelle molto morbida. Mi lecca rapidamente la faccia: “Allora, in su vuol dire via, in giù vuol dire stop; cominciamo?” Poi mi racconta che una delle usanze meno note del medioevo era quella della deculazione, cioè una decapitazione applicata però al culo. Le prime ghigliottine, in effetti, servivano a tagliare i culi. Le persone venivano bloccate in una specie di gogna inversa, in cui il culo aveva il posto della testa, e le gambe venivano messe nei buchi delle braccia. “Come piangevano quei buffoni di culi!” mi dice la sconosciuta, “ma quando si soffiavano il naso uscivano degli stronzi, e poi… ZAC!”. Mi metto a ridere. Anche se è così brutta sto bene con lei. Mi sveglio chiedendomi perché Fellini non abbia mai girato un film ambientato nel medioevo. La scena della ghigliottina dei culi sarebbe senz’altro passata alla storia. Ecco il perché, tanto per fare un esempio delle conseguenze di una scena simile una volta immortalata nella celluloide (di chi il culo? dell’attore protagonista o di una controfigura? si chiamano stuntmen anche in questi casi? è dopotutto una scena rischiosa), ecco il perché dei demoni fiamminghi: si pensava che i demoni vivessero nei culi, e che pertanto il culo, e non la testa, fosse la parte da staccare, come un bubbone infetto. Ah, assistere alle esecuzioni! È un’esperienza impagabile osservare da vicino l’espressione di chi viene cugliottinato. [PRIMO FIGLIO DEL CAPITAN VISIERA: “A questo proposito ricordo una barzelletta di mio padre non aliena, come scoprii poi, ai precetti e alle parabole del Kamasutra.” SECONDO F. DEL C. V.: “Come è aulico lei. Qui abbiamo anche una fotografia di una ghigliottina per culi.” PRIMO F. DEL C. V.: “La cugliottina.” SECONDO F. DEL C. V.: “La sola e unica.” FIGLIA DEL C. V.: “Peccato i nostri radioascoltatori non possano vederla.” PRIMO F. DEL C. V.: “E non hanno nemmeno potuto vedere il gesto delle virgolette che ha fatto sulla parola peccato.” SECONDO F. DEL C. V.: “Erano anni che non ne vedevo uno.” PRIMO F. DEL C. V.: “Almeno non così ben fatto.” SECONDO F. DEL C. V.: “Be’, sentiamo questa barzelletta.” PRIMO F. DEL C. V.: “Eccola: la relatività–” FIGLIA DEL C. V.: “Mi dicono dalla regia di zittirla seduta stante, se necessario con mezzi coercitivi a mia insindacabile, come dire…” PRIMO F. DEL C. V.: “…decisione?” FIGLIA DEL C. V.: “No…” SECONDO F. DEL C. V.: “…scelta?” FIGLIA DEL C. V.: “No… com’è che si dice quando si sceglie uno strumento in modo ufficiale…” SECONDO F. DEL C. V.: “…selezione?” FIGLIA DEL C. V.: “Meglio, ma no, nemmeno…” PRIMO F. DEL C. V.: (urbanamente mondano) “Ma torniamo all’invisibile, almeno per i radioascoltatori, cugliottina.” SECONDO F. DEL C. V.: “Be’ proviamo almeno a descriverla un pochino per loro.” FIGLIA DEL C. V.: “In fondo se non mi dicessero che è una cugliottina penserei che si tratta di una comune ghigliottina, magari ecco, una ghigliottina per persone con un collo particolarmente grosso.” SECONDO F. DEL C. V.: “E ci sono anche i buchi in cui intrappolare la gambe del condannato.” FIGLIA DEL C. V.: “Quelli a dire la verità non li capisco, nelle ghigliottine normali mica c’erano i buchi per le braccia, altrimenti poi quando cadeva la lama avrebbe tagliato via anche le mani.” SECONDO F. DEL C. V.: “Che non sarebbe stato poi male, con dei cestini supplementari per mano destra e mano sinistra.” PRIMO F. DEL C. V.: “Chissà come sarebbe stato vedere tutte quelle mani torcersi e intrecciarsi insieme, con gli ultimi spasmi…” SECONDO F. DEL C. V.: “…mani di estranei condannati che si stringevano debolmente, le terminazioni tattili ormai inerti…” FIGLIA DEL C. V.: “La finiamo? Che è ’sto splatter?” SECONDO F. DEL C. V.: “Guardi che ha cominciato lei.” FIGLIA DEL C. V.: “Forse i cugliottinati dovevano perdere anche i piedi, o forse la lama era della misura giusta per tagliare il culo e risparmiare i piedi.” PRIMO F. DEL C.V.: “Sempre risparmiare i piedi.” FIGLIA DEL C. V.: “Dalla foto che abbiamo non si capisce bene.” PRIMO F. DEL C. V.: “Forse bastava anche un unico cesto per teste e mani insieme.” SECONDO F. DEL C. V.: “…mani che infilano le dita nel naso alle teste…” FIGLIA DEL C. V.: “Va bene, io me ne vado.” PRIMO F. DEL C. V.: “Un grande imbuto di vimini sotto una doppia ghigliottina per tagliare mani piedi testa e culo tutto in una volta, e tutto veniva raccolto insieme in un cesto finale sotto l’imbuto. Il che ci riporta alla barzelletta kamasutrica sulla relatività: dunque–” FIGLIA DEL C. V.: “Mi scuserà ma debbo con sommo rammarico zittirla: la barzelletta la racconta un’altra volta. Riprendiamo la lettura.”]
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Un’esperienza terrificante, e il ticchettio della cassa di latta non ti abbandona più.
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(Secondo estratto esemplificativo etc. di una lezione di grammatica della sig.ra ***, docente emerita etc. presso il Pio istituto di S. Satiro per la Gioventù di padre Giorgio Giorgio):
“Analisi logica. È praticamente un compendio, un catechismo sulle relazioni possibili tra un uomo e una donna, va bene, diciamo semplicemente della vita di coppia, ecco, è giusto, è giusto, anche se vedo che l’esperta sessuale annuisce, dovremmo parlare di posizioni, di kamas– ma siamo a scuola, e la scuola non è mica la vita, giustissimo, no no, è giusto, vita di coppia, i capitoli sull’analisi logica sono un vero e proprio vademecum per la vita di coppia, naturalmente purché vengano letti nel modo giusto, cioè nel modo che vi dico io, quindi prendete appunti, e ricordate che coi libri è sempre così, senza appunti non si va da nessuna parte, a imparare a leggere son buoni tutti, persino le api sanno distinguere una lettera dall’altra, un giorno ve ne parlerò, ma vedete è il modo ad essere importante, il modo giusto cioè, non tanto il leggere, a leggere son buoni tutti son buoni, basta imparare l’alfabeto come le api, chi ha inventato l’alfabeto eh, chi me lo sa dire? Io posso benissimo leggere anche in polacco, ma a che serve se nessuno mi dice cosa vuol dire? Eh? E chi è che lo dice ai polacchi? Eh? Lo sapete? E questo non è che il primo livello, ma poi ci sono tutti gli altri, è solo dopo il primo livello che si inizia a fare sul serio, è come atmosfera stratosfera ionosfera eccetera, più su si va e meglio è, fino a che si va talmente in su che non c’è più niente e nessuna sfera, e allora si vaga nelle tenebre finché non si muore, più in su si va e meglio è, cioè sono sempre più pochi quelli intorno a noi man mano che saliamo, più su si va e meglio è, cos’è devo farlo stampare su delle magliette e costringervi a indossarle perché vi entri in testa? e poi più su si va e meno si respira, cioè anche se è meglio capita anche che si muore, e a un certo punto si muore per forza, ma è meglio lo stesso e poi tutti prima o poi un bel giorno moriamo, è ora che ve lo si dica chiaro e tondo, ma era del modo di leggere i libri che parlavamo, del modo, ecco che ci sto a fare io se non l’avete ancora capito, ecco che ci sto a fare, il libro dice solo quello che dice ma non può dire il modo in cui va capito quello che dice, altrimenti sarebbe daccapo sempre libro no? cioè anche la descrizione del modo in cui leggere il libro sarebbe parte del libro e allora saremmo daccapo perché allora ci vorrebbe anche la descrizione del modo per leggere la descrizione del modo per leggere il libro, e poi la descrizione del modo del modo per il modo, e così via all’infinito, tutta una stratificazione di modi uno dentro l’altro avete capito? ma state prendendo appunti o parlo arabo? Questa è già spiegazione se non l’avete capito, ma una spiegazione senza appunti è come un libro senza spiegazione. Chiaro per tutti no?”
(Fine del secondo estratto).
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Erano il miele e il fumo della pentola a dare alle api quel colore, e quella consistenza: parte del miele si asciugava, parte si solidificava intorno al loro corpo, rendendolo duro. Fuori le api circondavano la base del camino. Gli avevano spiegato che le api andavano sui fiori, ma lui non ci credeva, pensava che restassero sempre accanto al camino. Non diminuivano mai. Quelle che se ne andavano, se ne andavano per sempre sostituite da quelle che uscivano dal pentolone. Se ne andavano per sempre, quindi non aveva importanza dove sarebbero andate, se sui fiori o dentro un altro camino. Il miele scendeva lungo le pareti del camino e profumava il fuoco. Il miele era il profumo del fuoco. A volte cercava di seguire con lo sguardo una delle api che si allontanavano, ma l’insetto spariva immediatamente dopo le prime magre spirali, nel verde e nell’azzurro, eppure lui era in grado di vedere una formica e i seguirne i movimenti anche molto lontano, ma con le api era diverso, era quella la principale differenza tra il cielo e la terra, era per quello che il cielo non lo potevi toccare mentre la terra la toccavi sempre.
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“Cerchi di immaginare, una stanza di dimensioni infinite piena di lettini di ferro disposti in modo perfettamente ortogonale, hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi! Riesce a immaginare?”
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Ed è come se da quel momento io avessi sentito un ticchettio, come se in ogni paesaggio un tremolio generale rivelasse che il panorama è una quinta (avevo scritto “finta”) di cartone, e un dolore tra le costole come uno spruzzo di sperma ustionante, che scende poi attraverso le vene fino alle mani, ed è come se il sangue volesse esplodermi attraverso i polpastrelli, come le dita-razzo dei robot giapponesi.
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Mi piace avere un figlio infelice.
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Le api erano come un numero di giocolieri con il giocoliere nascosto. Il giocoliere era nascosto nel camino, era molto magro, nero e giallo e silenzioso ed era il re delle api. Tutti gli animali hanno un re. Il re delle api, il re dei pappagalli, il re delle farfalle, il re delle formiche, il re dei gatti. Tutti. C’era sempre un’ape che spariva, ma il numero di api intorno al camino non diminuiva mai, era giocoleria e magia tutto in un numero solo. Il re delle api era capace di sparire nelle crepe del camino, e quando guardavi a lungo su per la canna, quando il fuoco era spento e il pentolone era stato tirato via per sempre, avresti potuto vedere i suoi occhi tristi da cane, i suoi piedi nudi che ormai sdrucciolavano per le pareti del camino, il suo scheletro giallo e nero che si sbriciolava (descrizioni delle braci come branchie di pesce, vegetali di carne spirante), abbandonato per sempre dalle sue api.
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Come inghiottire una delle famose Caramelle Radioattive dell’Architetto.
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L’unica mia relazione sono una serie di minuscoli, orribili viaggi, come tanti parassiti o le tante lingue dei camaleonti dell’architetto che mi si srotolano contro come se davvero mi fossi arrotolato in una tenda e fossi diventato una farfalla. Tutto diventa come un ricordo infantile, persino ciò che arriva di nuovo è come se ormai fosse irrimediabilmente infettato.
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“…un canone per augmentationem con talmente tante voci che l’ultima replica è talmente lenta e rarefatta da essere indistinguibile da una variazione infinitesimale nella tensione dell’aria…”
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Immaginava di avvicinarsi al camino e di venir catturato dal re delle api per diventare come lui, forte, magro, pazzo, sporco. Alla fine, si metteva sempre a piangere.
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Noi qui ci permettiamo di avanzare una terza ipotesi: Adra avrebbe utilizzato non una ma due telecamere contemporaneamente; le differenze nei bordi dipenderebbero a quel punto da minime sfasature nelle due inquadrature nonché nella cattura dei singoli fotogrammi, che assai difficilmente poteva essere sincronizzata.
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(Continua la Trascrizione della trasmissione radiofonica I figli del Capitan Visiera, puntate dal 10 al 12 gennaio etc.)
12 gennaio. Al risveglio, mi trovo in un salone rustico, in legno e muratura. Sono vicino a una stufa a pellet e faccio dei passi marziali fermo al mio posto, a passo d’oca, un, due, un, due, sollevo prima una gamba, poi l’altra, piedi a martello così come m’è stato insegnato, tutto il mio corpo è un insieme di angoli retti mobili. La fiamma della stufa varia in intensità (caduta del pellet, inclinazione di ciascun cilindretto di legno… i parametri sono troppo numerosi; la caduta degli angeli di Satana deve aver avuto un aspetto simile, TIC TIC TIC… ma le fiamme che mandano i cilindretti sono luci nella luce); ad ogni picco di luminosità (che dura svariati secondi) riesco a distinguere il resto dell’ambiente. Noto un corridoio bianco (almeno così mi pare alla luce della fiamma) interrotto anzi intervallato da alcune porte e da dei quadri che mi paiono o molto tristi o molto spaventosi. Una delle porte è nascosta dietro una tenda. In effetti, come mi rendo conto ad una seconda fiammata, dietro la tenda non c’è una porta, ma immediatamente l’uscio aperto della camera. Mi guardo i piedi e noto una gabbia di ferro con dentro un coniglio. Le ombre delle sbarre traballano. Il coniglio gratta freneticamente sulle sbarre (crede siano terra o radici) e per poco il rumore non mi sveglia. Odio svegliarmi. [FIGLI DEL CAPITAN VISIERA: (In coro) “A chi lo dici!”] Indovino degli occhi dietro la tenda.
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“…hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi, ma anche quando il canone è per diminutionem e il numero di voci è sufficiente, l’ultima replica sarà talmente breve da non potersi distinguere… hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi, ma lei almeno lo sa cosa significa scrivere un canone per augmentationem? Hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi, lei è uno spasso lo sa?”
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(Terzo estratto esemplificativo etc. di una lezione di grammatica della sig.ra ***, docente emerita etc. presso il Pio istituto di S. Satiro per la Gioventù di padre Giorgio Giorgio):
“Be’ (gesto delle virgolette) “cazzo” me ne frega, cosa volete che vi dica, le verifiche poi le fate voi mica io, mica [NOTA: la difesa ritiene che gli strati geologici siano da interpretare come sfere celesti, cieli di pietra, i cieli dell’inferno]; solo che questa volta non sarebbe come con l’atmosfera la stratosfera la ionosfera, sarebbe più come quando l’idraulico viene a riparare il cesso e per tre giorni non puoi tirare l’acqua e ti ritrovi il water pieno di merda, e se solo una volta per sbaglio tiri l’acqua ecco la merda che cola dalle pareti di quelli del piano di sotto, uno schifo no? Ma è quello che vi succederà se non prendete appunti, vedrete se non ho ragione, e allora o mi ringrazierete o rimpiangerete di non avermi dato retta, a seconda se avrete o no le pareti puzzolenti, ecco perché servono gli appunti, negli appunti c’è il modo per leggere i libri e il bello è che non sono libri, sono fuori dal sistema, capite? a voi ragazzi questa cosa dovrebbe piacere. Fuori dal sistema. Ecco, negli appunti avrete il modo per leggere i libri, e il modo ve lo dirò io perché nei libri non c’è per le ragioni idrauliche che vi ho esposto prima. Il modo per leggere gli appunti, dici? Pezzo di cretino, ma ti pare che gli appunti siano libri? No dico rispondi: gli appunti sono libri? Ma da quando in qua? Solo i libri hanno bisogno del modo, gli appunti no, no, signorino, quelli no, il modo per leggere gli appunti sei tu stesso, no? cogito ergo sum, non ci avevate pensato? No, ci scommetto le mutande; bisogna proprio che dica due paroline al vostro insegnante di latino, o era filosofia? Be’ in fondo latino o filosofia è uguale, mi pare, ma quello che volevo dire era un’altra cosa, era che il modo per leggere i tuoi appunti sei tu stesso, no? altrimenti non ne usciremmo vivi, non ci sarebbe niente da leggere, solo istruzioni per il modo del libro precedente, all’infinito, e comunque pensateci bene, se non sei tu il modo per leggere i tuoi appunti, altrimenti volevo dire allora vuol dire che sei un povero pazzo, sissignore, un pazzo, chi non capisce la sua scrittura è un pezzo di– volevo dire che è un asino di natura quegli che non capisce la sua scrittura, lo sanno anche i muri, perciò qual è il modo di leggere i capitoli sull’analisi logica? Qualcuno lo sa? Nessuno, ovvio. Mica è una colpa, anzi. Ecco perché ci sono io. Altrimenti non ci sarei.”
(Fine del terzo estratto.)
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Anche così, resta tuttavia ancora non risolto il problema dell’inquadratura della mosca.
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Non sente male perché il suo corpo è come quello degli insetti e le sue ossa sono branchie di pesce e gli insetti non sentono male nemmeno quando li tagli in due, nemmeno quando muoiono.
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“Li vede? Li vede? Tutti quei lettini di ferro? Hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi hi!”
[continua l’11 marzo]