Roberto Papetti è un giocattolaio. Costruisce giocattoli in quel di Ravenna. Realizza marchingegni di ogni tipo, di una fantasia sfrenata e inafferrabile, certamente inconsueta, per aiutare a capire il mondo ai bambini, ma non solo.
In fondo, che cosa fa chi costruisce giocattoli? Come un vero e proprio artista, osserva quello che succede intorno, la cosiddetta realtà, e ne propone una replica per analogia. La differenza o qualità dei giocattoli la fa lo sguardo del giocattolaio, il suo sguardo sul mondo. Lo sguardo di Papetti è antico e pacifico, i suoi giocattoli sono frutto di un raccoglimento bambinesco, di una serietà che è tipica dell’infanzia, che non contempla il distacco adulto e morale, ma nemmeno imitazioni passive. Il risultato sono giocattoli che offrono occasioni per far viaggiare i pensieri in direzioni impensate. I suoi eserciti di soldatini hanno fiori nei cannoni, le sue armi sparano biglie, i suoi autodromi fanno sfrecciare macchinine improbabili.
Anche la quarantena lo ha ispirato. O meglio, lo ha ispirato la casa, la vita in casa, con la quale improvvisamente, come monaci, come suggeriva Emanuele Coccia qualche giorno fa, tutti ci stiamo ritrovando a dover fare i conti.
Il risultato è una serie di case-gabbia azzurre come se avessero incorporato il cielo e l’aria. Gabbie perché l’orrore del domicilio rischia di dominarci oggi come non mai; ma ancora case, dove e per mezzo delle quali Papetti riesce a instaurare con i materiali e gli oggetti più svariati – riciclati improvvisati ritrovati – un rapporto non solo affettuoso, ma riflessivo.
Per adesso, le case sono i nostri laboratori filosofici e artistici; i pezzi di noi e gli oggetti e i frammenti di vita che rintracciamo in esse sono i nostri amuleti, le nostre guide filosofiche: “ogni casa è uno spazio di animismo inconscio e volontario” (Coccia). Possono essere un nuovo punto di partenza per ricostruire una relazione con il mondo – del quale sembrano improvvisamente spariti i caratteri comunitari – e far scaturire nuove visioni, anche politiche?
Dopo aver guardato l’Uomo vitruviano su pedale di Papetti, sospeso e in equilibrio, ridicolo e spaventato, ma senz’altro in procinto di effettuare un decisivo salto mortale, la risposta è senz’altro affermativa.
Ci lanceremo, non c’è dubbio. E poi sarà quel che sarà.
TITOLI delle opere: 1. Casa-gabbia e convento; 2. Grattacielo-gabbia con sedia; 3. Case-gabbia in piazza dechirichiana; 4. Uomo vitruviano su pedale.