“A casa, in primo luogo, prevalentemente leggevo. Avevo voglia di soffocare con le sensazioni esterne tutto quel che ribolliva incessantemente dentro di me. E la lettura era l’unica, fra le sensazioni esterne, che mi fosse accessibile. La lettura, naturalmente, aiutava molto: emozionava, deliziava e tormentava. Ma a volte annoiava terribilmente. Avevo comunque voglia di muovermi, e a un tratto mi immergevo in una fosca, sotterranea, turpe – non depravazione, ma depravazioncella. Le passioncelle in me erano acute, cocenti per la mia eterna, morbosa eccitabilità. Avevo accessi isterici, con lacrime e convulsioni. Oltre alla lettura, non avevo risorse – cioè, nel mio ambiente circostante non c’era nulla ch’io potessi rispettare e da cui mi sentissi attratto. Mi rodeva, oltretutto, l’angoscia; mi prendeva un’ansia isterica di contraddizioni, di contrasti, e così mi davo al libertinaggio”.
Fedor Dostoevskij, Memorie del sottosuolo
Il mondo va a pezzi, nei modi più diversi e incalcolabili va o sembra andare sempre più a pezzi, a pezzetti sempre più piccoli e sempre più sconnessi, e quest’Io che qui scrive che fa? Vigliaccamente distoglie lo sguardo, sì, vergognosamente lo porta su ben altro, su tutt’altro, e cioè pensa e ripensa ai lettori del mondo che va appunto in pezzetti, rimugina e fantastica sui lettori di ogni parte di questo mondo spezzettato e spezzettantesi, lettori coi quali condivide questo stesso convulso spezzettato spaziotempo, e la stessa passione per il leggere, oltre che forse altro di poco definito che intorno al leggere orbita…
Appena l’altro ieri: missili nucleari in procinto d’essere sganciati, la terza guerra planetaria detta imminente da comunicati e commenti!
Appena ieri (che continua): una colorita varietà di trogloditi ai posti di comando, vanagloriosi suscitatori d’incubi, promotori fervidi di muraglie mentali e fisiche, terrestri come marine!
Oggi e di qui in poi, sino alla fine, probabilmente: epidemie cicliche, follie climatiche che stravolgono la vita di milioni di viventi, massacri in diretta e a velocità variabile, con contorno di classi medie affrante, anime sbriciolate dal di dentro e tenute appena su (o assieme) da miscugli sintetici: insomma tutto il Male in Corso d’Opera, il più nero Qui e Adesso!
E ieri come oggi e ancora domani: sirene dell’Attuale che lanciano richiami seducenti, sotto forma di Principio di Realtà, perfino di Coscienza Civile, bussando al mio cervello per chiedere di poter insediarsi nell’Ordine del Giorno!
E quest’Io che fa? Si pone domande sul mistero e il senso dell’atto di leggere!
Domande che il buon senso non collegherebbe mai alle sacrosante questioni del momento, che poi sono anche le questioni drammatiche del nostro sempre più complicato tempo presente.
Certe domande sono dunque un lusso che presuppone un certo grado di indifferenza?
Di deprecabile distacco?
O potrebbero essere l’unica strada percorribile che resta per approssimarsi, secondo giri tortuosi, ma forse non infruttuosi, verso il tanto invocato Reale-Attuale?
Magari per provare a figurarselo in termini meno attuali e perciò meno assoluti…
O magari per scovarlo ancora più mostruoso di quanto pare sia già.
Penso e ripenso, e mi assillo chiedendomi e richiedendomi: e se ci fosse un nesso tra questo Orrore, che non cessa di manifestarsi in più forme, e l’atto della lettura, ovvero col fatto di essere lettori oggi? Un nesso certo tutto da scoprire, grado per grado, per nulla immediato, per nulla trasparente! Non un nesso astratto e fuori dallo spaziotempo, intendo, ma concreto, effettivo, esistenziale, storico!
Ed ecco da dove partire, forse:
Se la pratica del leggere è uno dei molteplici modi dell’Essere della Civiltà costituita da Homo Sapiens Sapiens, che rapporto avrà quest’atto con eventi che sembrano registrare il venir meno o l’implodere della Civiltà stessa? Dovranno porsi in termini di pura opposizione?
Qual è il rapporto del Sapere col Leggere? Esiste un Sapere senza lettura? E una lettura senza Sapere?
Ma eccone una più semplice, a cui però è più difficile rispondere: che vuol dire leggere? È un atto puramente soggettivo (come si ritiene di solito e per i più), o ha dei risvolti comunitari?
Esiste, in altre parole, un’ecologia della lettura?
L’atto e la pratica del leggere a tutt’oggi è ancora il modello interiore del Comprendere?
Leggere libri presuppone qualcosa come la leggibilità del mondo?
E cosa implica l’atto della lettura nel rapporto con tutti gli altri aspetti del vivere degli umani?
Che potrebbe significare: leggere ai tempi del Collasso?
E tanto che ci siamo perché non farsene una ancora più semplice: che cosa accidenti è e non è un Lettore?
Quando uno legge un libro è un Lettore, ma, appena smette di leggerlo, quanto del suo Essere Lettore entra in cortocircuito con tutte le altre dimensioni del suo vivere?
Un Lettore pensa mai se stesso come colui che si oppone al genere dei Non-Lettori?
Esiste in altre parole (o meglio: viene fatta esistere) una mitologia del Lettore? Il Lettore come Eroe del Sapere, come avamposto contro la barbarie?
Ma allora come si costituisce il Sapere in un Non-Lettore? In modo così radicalmente diverso da quanto accadrà nel Lettore?
Queste e altre saranno le questioni da cui partire per tentare d’articolare una risposta sfaccettata e transitoria, questi i punti di partenza per tentativi di scavo e riordino… questo troveranno, nella rubrica che qui inauguro, i lettori coraggiosi e come me insofferenti d’ogni risposta comoda.
Qualcosa su cui rimuginare nei pomeriggi inerti e piovosi che forse ci attendono… sperando che i miei lettori non abitino in zone in cui pioggia significa morte probabile se non prossima – il Collasso difatti pare sia anzitutto questo… il Collassare dello Sfondo – oh Terra!