La vita è una lenta e talora sopportabile iniziazione alla vita.
Sono uscito dall’università con due pezzi di carta, la puzza sotto il naso e le ragnatele nel cervello – oltre alla vaga sensazione di essere stato preso in giro. Poi ci sono pure rientrato, ma a quel punto avevo già imparato a prendermi in giro da me.
«Il piacere del testo è un piacere di testa»: da studenti, agli inizi degli anni Novanta, eravamo soliti recitare a soggetto o proferire a vanvera le autunnali parole d’ordine delle scapigliate imposture del Novecento, anche se in realtà preferivamo di gran lunga perlustrare altri piaceri, di corpo e di cuore, ovunque essi si trovassero. Per fortuna, col passare dei decenni, ci siamo fatti sempre più sobri e meno lucidi, a differenza dei nostri pensieri, che di tanto in tanto viaggiano liberi all’incontrario…
A volte mi riesce impossibile distinguere il plagio dal sogno e l’afasia dal silenzio.
In gioventù, quando sentivo pronunciare frasi del tipo: «Siamo tutti figli di Umberto Eco…», mi veniva subito voglia di essere orfano.
D’altronde, i parricidi post mortem sono diventati – insieme ai parti prematuri – la specialità squisitamente letteraria della mia generazione, costituita in massima parte da antropofagi vegetariani, da astute vivandiere e da dotte prozie.
Il nonno era della vecchia guardia del «dopolavoro», e avrebbe affrontato le diatribe intorno ai «non binari» in termini esclusivamente ferroviari.
La governatrice di Città del Messico ha fatto rimuovere la statua di Cristoforo Colombo da una delle principali arterie della capitale, al fine di «decolonizzarla». Per tutta risposta, gli oppositori hanno violentato, imbellettandole, le statue di Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara – mentre nel frattempo il nostro prolisso presidente riceveva a palazzo l’autocrate di Cuba e persino quello del Venezuela…
Anacronismi: a detta di una mia studentessa, Karl Marx aveva la pelle nera ed era un importante teorico dell’anticolonialismo, una specie di antesignano di Frantz Fanon.
Anche io – come Pierre Menard – concepisco la realtà al pari di un’estenuante rivolta dei deittici contro i mulini a vento.
Ormai l’esperienza è fatta e disfatta – il che scongiura ogni ulteriore abiura.
Respiriamo per mera distrazione, sedotti dallo spettacolo della perenne distruzione e abbandonati agli esiti della sua impassibile evoluzione.
Gli intellettuali moderatamente inattuali risultano essere, di norma, inavvertitamente postumi.
L’astrazione è il vizio meno irreprensibile e più inguaribile dell’illusione…
Il mio sueño guajiro (ossia irrealizzabile) sarebbe quello di essere un accademico degli Intronati – con l’inevitabile soprannome di «Idiozio».