Lingue fioriscono affascinano
inselvano e tradiscono in mille
aghi di mutismi e sordità
sprofondano e aguzzano in tanti e tantissimi idioti
Lingue tra i cui baratri invano
si crede passare – fioriti, fioriti, in altissimi
sapori e odori, ma sono idiozia
Idioma, non altro, è ciò che mi attraversa
in persecuzioni e aneliti h j k ch ch ch
idioma
è quel gesto ingessato
che accumula
sere sforbiciate via verso il niente. Ma
pare che da rocks crudelmente franti tra
i denti diamantiferi, in
ebbri liquori vengano gl’idiomi!
Pare, ognuno, residuo di sé, di
io-lingua, ridotto a seduzione!
Ma vedi come – in idioma – corra i più orribili rischi
la stessa nebbia fatata del mondo, stock
di ogni estatico scegliere, di ogni devozione
E là mi trascino, all’intraducibile perché
fuori-idioma, al qui, al sùbito,
al circuito chiuso che pulsa,
al grumo, al giro di guizzi in un monitor
Non vi siano idiomi, né traduzioni, ora
entro il disperso
il multivirato sperperarsi in sé
di questo ritornante attacco dell’autunno.
“Attacco”, “traduzioni”, che dissi? O
altri sinonimi h j k ch ch ch
sempre più nervosamente adatti, in altri idiomi?
Ma che m’interessa ormai degli idiomi?
Ma sì, invece, di qualche
piccola poesia, che non vorrebbe saperne
ma pur vive e muore in essi – di ciò m’interessa
e del foglio di carta
per sempre rapinato dall’oscurità
ventosa di una ValPiave
davvero definitivamente
canadese o australiana
o aldilà.
[Andrea Zanzotto è morto oggi, 18 ottobre 2011]