[Die Freigeist – dai Frammenti Postumi]
Friedrich Nietzsche tradotto da Gianni Celati
Senti i corvi crocchiare,
sciamando in frulli al vento verso città.
Presto verrà a nevicare,
beato chi ora ha – un suo posto da abitare.
Adesso stai a guardarti
da quanto tempo indietro ormai, qui fermo?
Pazzo che sei, tu parti
quando viene l’inverno – nel mondo a involarti!
Il mondo: un cancello
su mille fredde vie d’un deserto muto.
Ma chi ha perso quello
che tu hai perduto – non avrà quiete d’ostello.
Ora sei stanco e smunto,
condannato a migrare tra neve e gelo.
Sei come fumo espunto
che anela al più alto cielo – al più freddo punto.
Vola uccello e crocchia eterno
la tua canzone da uccello dei deserti!
Pazzo, cela all’esterno
la ferita che in cuore avverti – col gelo e con lo scherno!
Senti i corvi crocchiare,
sciamando in frulli al vento verso città.
Presto verrà a nevicare:
disgrazia per chi non ha – un suo posto da abitare.
Una figura d’avvenire
di Gianni Celati
[…] Per osservare il mondo esterno da paesologo occorre privilegiare al massimo la percezione delle cose singole, contro le astrazioni degli esperti e le frasi fatte dell’attualità. Occorre riuscire a guardare il mondo esterno come se si fosse già perso tutto, come chi è straniero dovunque, come chi ha rinunciato all’idea consolante di appartenere a un luogo, come chi ha abbandonato la fregola di piantare la bandiera del suo gruppo o della sua famiglia per dire: “Questo è il mio territorio”. È qui che la poesia di Nietzsche [Die Freigeist] diventa importante, diversa da tutto quello che ci sta intorno. Lo “spirito libero” come lo presenta Nietzsche non è la montatura psicologica di un “io” che si crede “libero” perché le cose gli vanno bene, né quella dell’uomo borghese che si crede “libero” per via di garanzie legali. Lo “spirito libero” di Nietzsche è quello che riesce a guardare le cose con un pensiero slegato, che non obbedisce ai vincoli moralizzati del “dover essere”, ma resta come una folle integrità rispetto a se stessi, una pazzia totale nel mondo del gregarismo obbligatorio. E soprattutto questo spirito libero di Nietzsche è uno sguardo rivolto verso il fuori, verso il fuori di noi sempre in divenire, e il contrario d’ogni interiorizzazione (come quella tipica della finzione romanzesca). Questo “fuori” a cui si rivolge il paesologo, non ha niente di quello che ci raccontano sociologhi ed esperti sociali, perché è l’infinito disfarsi delle cose e del mondo, nell’aria fine dove tutto si riforma e muta continuamente. Per questo mi dico che il paesologo è una figura d’avvenire, perché attraverso l’infinita eterogeneità del “fuori” e le discontinuità che si scoprono di traccia in traccia, di paese in paese, il paesologo scopre la nostra natura di automi spirituali e di mutanti perpetui.
dalla Introduzione a Viaggio nel cratere, di Franco Arminio – Sironi, 2003