Ho fatto tre animazioni sulla cerbottana: la prima a Carpi, una baraonda anarchica di bambini che si sono impossessati di un trentina di cerbottane di diverse forme per tirare in tutte le direzioni; la seconda a Lugo di Romagna, a “L’Expocerbottane” o esposizione con laboratorio di costruzione, dove ho prima insegnato a fare i proiettili di carta, poi ho aggiunto bersagli inventati e il perimetro di gioco. Ho portato le cerbottane a Omegna, il paese di Gianni Rodari, dove ho aggiunto i proiettili con le punte profumate di oli essenziali che lasciano scie profumate, la cerbottana di cannuccia da bibita che spara fiammiferi di legno su bersagli minuscoli, le gare a rotazione di bambini, i tiri a premi, le cerbottane che sparano il riso e la parata di spari di coriandoli di vario colore. Ore fitte di attività e di gioco… Insomma una cosa entusiasmante e pirotecnica.
In una casina piccola piccola di un pittore, di un paese altrettanto piccolo e sconosciuto, Cotignola, ho giocato con grandi e bambini. Faceva un caldo afoso e tutto si è svolto in un cortiletto stretto da alti muri con arbusti di biancospino e rosa canina ai lati. Sul muro in fondo, una piccionaia grande con uccelli appollaiati ad osservare perplessi. Noi davanti a far pazziate con le cerbottane e altri giocattoli (immensi per il potenziale di “s-pensierosa” gioia), loro, i volatili, a goglottare.
L’archibugiocerbotanaspaziale e le sue compagne cerbottane sono state le regine della serata. Tutti quelli che hanno giocato si ricordavano di battaglie a scuola con le cannucce delle penne a biro. Molti proiettili di carta hanno “sorbottato” per l’aria: sono volate anche poesie stampate su fogli di carta e avvoltolate come “piroli”. Di Montale è volata: “Nell’ombra di una magnolia / che sempre più si restringe / a un soffio di cerbottana / la freccia mi sfiora e si perde”, di Chlébnikov la bellissima “Alipredando con auroscrittura” dopo una parabola ascendente, cignestasie e barbagli, s’è persa nella notte… e a conclusione bordate di nuvole di polvere posatasi poi dolcemente attorno a tutti.
Cerbottana, nome dato a tubo di legno, plastica o alluminio, vuoto a guisa di canna, per la quale con forza di fiato si scaglia il proiettile di carta o di altro materiale. Famose quelle fatte con lunghe canne provenienti da materiali di risulta (ideali le canne di alluminio dei lampadari) che “sparavano” piccoli oggetti (palline di carta,pezzetti di terra, creta).
La cerbottana è altresì usata per parlare ad altri pianamente e all’orecchio o per scagliare urli di voce nell’aria. I curiosi ci guardano dentro come fosse un cannocchiale ma vedono ben poco; a mettere l’occhio sull’imboccatura si intravede solo un buco luminoso al termine di una galleria lunghissima e buia.
La potenza del mezzo è rapportata alla sua lunghezza e al suo diametro: più lunga è la canna e più piccolo è il suo diametro, più ampia è la gittata. Una , due o più cerbottane possono essere tenute insieme da un sistema di mollette (quelle per il bucato) usate a mo’ di impugnatura e/o di cartucciera e si può aggiungere anche il mirino.
Il verbo per tirare con la cerbottana è “sorbottare” ovvero scagliare con uno scoppio d’aria il proiettile, il quale proiettile si può costruire con un semplice foglio di carta arrotolata a tubo di circa venti centimetri di lunghezza e quattro di larghezza, arrotolati a forma di cono assottigliato in punta detto “pirola, pirulo, frecciola, scartoccetto, bussolotto, cappuccetto, coppitello”. Ottenuta la freccia si fissa con la saliva la carta facendone roteare la punta fra le labbra. La pirola non dove essere larga più di un dito, altrimenti si blocca dentro al tubo. Preparato questo materiale, si possono fare gare di lancio.
Nel nostro laboratorio a cielo aperto si trova l’occorrente per costruire la cerbottana, e subito accanto le postazioni di lancio per vedere chi riesce a colpire i bersagli colorati che mettiamo poco lontano.
Tutte le mattine faccio qualche tiro alle antenne paraboliche che vedo dalla finestra del centro dove lavoro per mantenere la mira e sparo in alto, a campanile o allo zenit, per stuzzicare il cielo perché sia benevolo.
Questa è la mia ordinaria vita, o il mio ludodelirio qui a Ravenna.