Ivan Levrini (Reggio Emilia, 1958) vive a Reggio Emilia dove si trova a suo agio per via del clima umido e nebbioso d’inverno, bollente e più umido ancora d’estate, e a cui tradizionalmente si pone rimedio coi tortelli verdi d’inverno e col vino spumeggiante lambrusco d’estate, che però è un rimedio anche al clima invernale, un rimedio universale, si legge nel De bello gallico, nel punto in cui Giulio Cesare transitando per Reggio Emilia mangiò un piatto di tortelli verdi e bevve lambrusco, e non essendosi però ancora abbastanza acclimatato mangiò un secondo piatto di tortelli di zucca e bevve una seconda bottiglia, la quale trasformò il clima, a quanto poi scrisse, da umido e freddo a soleggiato ed asciutto. A questo punto ci si può mettere a leggere la Metafisica di Aristotele o il Simposio di Platone, come fa a volte Ivan Levrini al pomeriggio, perché a Reggio Emilia il clima e il cibo sono un buon propellente agli studi; e allora anche Hegel improvvisamente verso le cinque del pomeriggio diventa chiaro, diventa chiara anche la fase della coscienza infelice, quando la separazione fra uomo e Dio raggiunge il culmine e l’uomo cade al punto più basso.
Ivan Levrini, che insegna storia e filosofia, conosce questa condizione dell’uomo, e per sollevare l’umore della popolazione ha incominciato anni or sono a far circolare dei racconti clandestini molto applauditi in privato, come Il Sordastro, come I Fratelli Saccani, la Maga Circe o Il Gran Pino, racconti mirabili, io dico, che finalmente sono stati raccolti (assieme ad altri) in questo libro.