Tutto è VAGO, nel senso che Leopardi dava a questa sua parola-chiave.
Del resto se non ondeggiassimo nel vago non avremmo nessuna chiave per aprire le porte del mondo, che appunto si dà nella sua vaghezza. Il mondo è desiderabile perché è vago. Perciò che può fare una banda di scrittori, artisti, musicisti, teatranti, burattinai che si incontra un giorno se non dare vita a qualcosa di vago, di desiderabile? È quello che è successo a San Lazzaro, a Bologna il 30 ottobre, in un teatro.
Che cosa c’è nell’aria? si sono chiesti Celati, Cavazzoni, Benati, quando hanno invitato un po’ di amici a questa nuova impresa chiamata SPAZZAVENTO.
Beh, se ti viene in mente di chiamare un’avventura SPAZZAVENTO, vuol dire intanto che avverti che l’aria è diventata irrespirabile, troppa anidride carbonica, troppe polveri pesanti, odor di muffa o naftalina, troppi miasmi concorrenziali, troppe aspirazioni soffocanti, insomma troppa gente che sgomita per arrivare in cima alle classifiche, che è sempre scontenta e insoddisfatta e che rende l’aria sempre più irrespirabile. SPAZZARE via questa insoddisfazione da performance, quest’ansia da giovane scrittore o artista da corsa o da vecchio scrittore o artista da rincorsa, è la prima cosa da fare. Celati, durante l’incontro, ha pronunciato la parola CONTENTEZZA. Allo scontento competitivo che sempre si rinnova, sarebbe bene opporre una felicità contenuta, appunto la CONTENTEZZA. La CONTENTEZZA nasce da un senso della misura e del limite, esprime l’amore per quel che si fa, ci apre alla nostra ECCEZIONE INTERIORE, altra nozione vaga e desiderabile, pronunciata da Celati.
Ora, direi che raggiungere questo stato di CONTENTEZZA non è affatto facile, così come non è affatto facile aprirsi alla propria ECCEZIONE INTERIORE. Bisogna prima SPAZZARE montagne di carta scritta e pubblicata. Ci vuole un VENTO che soffi nella direzione opposta agli atleti in perenne competizione, un VENTO così forte che annulli tutti i record, che annulli la corsa, che lasci quegli uomini perplessi, un po’ attoniti, un po’ contenti di sé, che li renda estranei alla pista e agli applausi e un po’ più vicini alla loro ECCEZIONE.
Credo che, dopo l’esperienza del SEMPLICE (1995-1997), che era una rivista cartacea fatta da scrittori, l’idea di SPAZZAVENTO è quella di allargare lo spettro delle forme: ai racconti che fondano un genere – saggio filosofico che degenera in lite matrimoniale, suggestioni scientifiche che producono teorie personali sul mondo, etc. – con relativa attenzione alla voce, all’intonazione e all’esecuzione degli stessi, elementi che provengono da quell’esperienza, l’incontro ha visto l’interesse per altre espressioni, tutte da scoprire e da declinare: i burattini, la musica, il teatro, il documentario, il cinema… Ci sono molti modi di giungere alla CONTENTEZZA e di cogliere la propria ECCEZIONE INTERIORE…
Cavazzoni, credo sempre nell’intento di SOFFIARE via i detriti scolastici che si sono accumulati sulla nostra tradizione, ha proposto una sorta di DESCOLARIZZAZIONE DELLE OPERE. Bisognerebbe cioè ritradurre in un italiano moderno le grandi opere del passato. Chi legge più la novellistica del ’400 e ’500? Ma chi legge più i romanzieri del XVIII secolo? Un’osservazione personale: Rabelais ha ispirato nel Novecento più i romanzieri stranieri che quelli francesi. Perché? Perché i romanzieri stranieri lo hanno letto in splendide traduzioni… Senza contare che ho il sospetto che tale operazione non solo rimetterebbe in circolo opere dimenticate, ma produrrebbe quella che durante l’incontro si è chiamata DEBABBUINAZIONE dell’istituzione letteraria e dei suoi rappresentanti. E infine, aiuterebbe a rompere questo CERCHIO MAGICO E DIABOLICO che ci vuole tutti intenti alla ricerca del nuovo, tutti presi nella trappola dell’attualità, dove l’aria è irrespirabile: la TRADIZIONE è un VENTO che non smette mai di SOFFIARE ed è il territorio comune di tutte le ECCEZIONI.