3.
Lo cunto delli cunti dei politici
con nuove fiabe ci intrattiene i piccoli.
Così gli slogans surreali impazzano
e già i proclami elettorali fervono:
giustizia libertà mercato facile
lavoro pane e la brioche ai poveri
e pace d’alluminio nei sarcofaghi
e gran turismo fra il Malì e l’Afghanistan.
“Si prenda parte e il voto sia poi utile,
se no chi ci legittima con delega
a depredare tutto il depredabile?”
Tenetevi le vostre fatue lacrime
e i vaniloqui senza sugo, futili,
del vostro miserevole rammarico
per la distanza fra palazzo e popolo,
che tanto poi non ve ne frega un piffero,
purché prosegua la commedia ignobile
tra i palchi e le tribune mediocratiche
(show must go on), per vitalizii e incarichi.
“Voi giovani, arrabbiatevi, arrabbiatevi!”
canterellava in quella un vecchio ipocrita.
“Se vogliono fermarvi, ribellatevi!
Vi chiudono le porte? Scardinatele,
Vi bloccano le strade? E voi sbloccatele!”
(Saremo mica qui a deviare il traffico?)
“Ma niente schizzinosi”. Vecchio ipocrita,
mio padre ti conobbe ai tempi eroici
non troppo dopo l’Ungheria e i sovietici
(tardivi il tuo tormento e l’autocritica!):
già eri rosso fuori e nero d’anima.
Più tardi t’ho incontrato anch’io: sèi abile:
per due generazioni sai deluderci.
Ma gli studenti che si manganellano
da sgherri amici del governo cetnico
con tuo sereno avallo e beneplacito,
che, quelli non saranno stati giovani?
E gli altri del call-center, schiavi a cottimo
(non certo choosy), non saranno giovani?
Presiedi pure la tua farsa pubblica,
più falsa del biglietto da tre dollari
e degna del più gretto avanspettacolo,
fra giochi di Burlesque e alchimie tecniche,
(che se la mafia e te poi vi intercettano,
i nastri registrati si distruggono,
così il monarca resta immune e limpido),
salutami banchiere e ministrucola
coi figli ricchi e belli a nostro carico,
ma smetti la tua frigida retorica
di finti ardori, guitto senza repliche:
o non lagnarti poi se in palcoscenico
è un comico a segnarvi il senso civico.
Perché è già tanto che fra il vuoto statico
degli oligarchi in camarilla putrida
non abbia voce il voto dei proiettili.
[III – continua]