DIPENDENZA
Nella tasca dei pantaloni
o al riparo dentro una borsa
non manca mai
l’amato tranquillante in un flacone.
Dentro il gabinetto del treno
o della sala dei professori
c’è sempre Antonio Turolo che conta
con consumata arte di drogato
le gocce del Valiu m c he discende.
Anche adesso,
che accarezzo la nuca della zia
o quando
un sorriso mi sfiora accattivante
sempre lì scappa il pensiero.
* * *
In un soggiorno una pendola ha scandito
per anni i giorni di noi tre in famiglia.
È un oggetto vecchio robusto e delicato insieme.
Quando mia zia l’aveva rinvenuto
tra le vecchie cose di mia nonna,
ricordi tramandati tra generazioni,
anche l’orologiaio –
commosso un poco e un poco incuriosito
dal suo meccanismo –
era venuto fino a casa nostra
per stabilire sul muro esattamente
l’unico punto che la faceva andare.
Tutto bene per un po’ di anni.
Un precario equilibrio
ritmava
in una scansione ordinata
i miei libri,
i cappelli della zia,
le ombre nella mente della mamma.
Ma
la tradizione è finita.
Io non avrò figli.
La mamma sta male, io non ho un lavoro.
La pendola è rotta.
La venderò per soldi domattina.
TREVISO UNO
a Luciano Gasper
Il Maestro
dipinge fiorellini,
mazzi di rose in vaso,
qualche paesaggio chiaro.
È molto popolare
nel cerchio delle Mura.
Puntuale più di Kant
due giri esatti al giorno
tra i vecchi in osteria.
“Cin cin felicità,
io bevo solo vino
c’era perfino nelle
tombe dei Faraoni.
Basta con quella birra
che ti farà ingrassare.”
Lunatico com’è
si arrabbia seriamente
se un ragazzo gli mostra
un po’ di arte moderna,
fumetti o roba astratta.
Soltanto la domenica
segue la santa messa
alla televisione.
Si inebria degli incensi,
dei paramenti sacri,
le musiche solenni.
Così un poco in ritardo
una volta a settimana
ricomincia il suo giro.
ASINO CHI LEGGE
è un vecchio scherzo, un gioco stupidino,
che da bambini tutti hanno imparato,
una piccola trappola verbale
che si disvela quando è troppo tardi
e uno c’è già ormai caduto dentro.
Così a volte vorrei
come disimparare la poesia
e la letteratura tutta quanta.
Meglio
un bel lavoro pratico, concreto,
mattoni campi strade affaticato
purché si fermi il tarlo roditore
che dentro me mi spinge a stare male,
fagocitando tutti i miei pensieri.
Ma è troppo tardi
per tornare indietro.
* * *
La ragazzina che sto per bocciare:
tredici anni al massimo,
mai visto in vita mia niente di simile
zero cultura, zero ideologia,
soltanto un’anarchia vitale originaria.
Si butta per terra
dice le parolacce tira i sassi
strappa quaderni e libri.
Le oppongo
una faccia impassibile, di bronzo.
Lei mi guarda con odio ma non sa
quanto io internamente le assomiglio.
Proprio nelle sue forme più perverse
l’amore mostra la sua potenza”
S. Freud
Quale tentazione sottile
quali necessarie catene
hanno indotto uno scrittore
al gioco
tutta la vita.
I libri antichi
spingono un mio amico
a collezionarli
senza bastargli mai.
Che dire poi
di quella vecchia
che proprio
non riusciva a stare
senza la musichetta
della sua radiolina!
* * *
Tu credi,
Fra Giovanni,
per i tuoi lunghi digiuni
e le elemosine
le messe le preghiere
tutta una vita
di macerazioni
di presentarti a Di
senza alcun fallo.
Chi se non me? tu dici.
Ma io
ti ho visto un giorno
guardare con cupidigia
un uomo potente.
Per quello sguardo
Fra Giovanni
tu andrai all’inferno.
Queste poesie sono tratte dalla raccolta “Corruptio optimi pessima”, edita da NUOVADIMENSIONE nel 2007. Antonio Tutolo scrive di sé nella premessa: “Mi piace giocare a carte scoperte: amo molto la poesia “narrativa”, come quella praticata qui da noi dai crepuscolari, da Saba, o, per restare tra i classici, dal grande Kavafis. Mi sarebbe difficile indicare altri modelli. Ecco: un crepuscolare nostrano, un Corazzini poniamo, con qualche tentazione pasoliniana, quando esorbita dalla propria biografia per parlare di altro, mi sembra un paradosso sufficiente a concludere una sommaria auto-caratterizzazione”.