– In che negozio l’hai preso?
– No, da nessuna parte. Online.
Online non è un posto, tu compri prima di comprare, la cosa è tua prima di averla. Vai a casaccio muovendo solo gli occhi e le dita. Il resto del corpo è assente e parassita, padrone dello schiavo sapiente (hegeliano) di occhi-dita-mente connessa. Vai spesso gratis a prendere quello che non è tuo né prima né dopo che lo hai preso. Online è un prestito senza restituzione, un furto in una proprietà collettiva.
– Sì ma tra poco vedrai che cominceremo a pagare tutto quello che adesso è gratis.
– Sì, tra poco. Quando saremo tutti entrati del tutto – occhi e dita e teste – online, allora metteranno i prezzi a tutto, perché sarà la prossima risorsa del capitale (dopo aver usato innovazioni tecniche, ideologie, anche le ribellioni), perché non ne potremo fare a meno. Ogni merce diventerà costosa sufficientemente per farsi pagare e perché ogni compratore si inventi qualcosa online per rientrare delle spese.
I corpi saranno sempre più seduti e sempre più accessorii. Le dita connesse alla macchina saranno il relais tra macchina e mente. Sarà tutto più facile. Guadagnare per spendere. Quella della domanda e dell’offerta sarà una legge facile, perché io compro per quello che vendo, perché la mia mente avrà perso l’arroganza di credersi autore, autorità, agente del sapere (ma quando mai lo è stata?). Non ci sarà più ambiente circostante. Abbracceremo l’ambiente globale con la macchina e non avremo più l’illusione che esista solo quello che percepiamo noi. Siamo parti del tutto globale, infime parti, ma mai esclusi.
– Saremo consumisti eleganti finalmente, senza troppe cose materiali addosso e in casa. Avremo per anni gli stessi abiti e oggetti consunti, perché non serve comprare cose fisiche ma serve comprare le cose immateriali online, video, e-books, films, vecchi spezzoni introvabili, readings, concerti, spettacoli. Compreremo anche attrezzi digitali che servono per usare il web. Compreremo attrezzi per l’upload delle nostre invenzioni, dei nostri video, dei nostri concerti.
– Ci saranno delle grandi fiere della vanità online. Ma senza Savonarola, perché restano private, chiuse nello schermo e in casa. Tutte le fiere dentro la stanza. Non c’è peccato, né vergogna, dove non c’è nessuno che ci guarda. Avremo il nostro inconscio rovesciato fuori, senza rimozioni, senza la pena del ritorno del rimosso…
– La nuova classe dominante, l’aveva detto già Veblen, è la leisure class, la classe del tempo libero, speso senza fatica e con pochi soldi, ma costantemente spesi, e chi non ha questo agio domestico e globale, sarà veramente la classe emarginata (ma ci sarà una classe emarginata? Nelle miniere di materie prime che servono a costruire macchine informatiche lavoreranno robots fatti con le materie prime che servono a costruirli…).
– Se fai l’operaio (che significherà azionare macchine informatiche, cioè muovere un dito per muovere l’informazione che l’operaio non ha), torni a casa e apri il computer, fai parte del sistema centrale mobile, cioè del google globale, sei subito immesso in una classificazione informatica e statistica, potrai dire la tua e essere rappresentato nella macchina, che è il nuovo invincibile Parlamento. Avrai un minimo potere di decidere quali merci togliere dal mercato e quali moltiplicare. E tutto il potere non ce l’avrà nessuno. Avrai la sensazione di aver debellato la verticalità, la gerarchia, il bisogno di un capo. La politica sarà una branca dell’economia, ma l’economia sarà l’agente democratizzante, l’aveva detto già Adam Smith.
– Allora l’eleganza si ristabilirà perché selezionare il meglio non costerà niente, perché non avremo più bisogno di comprare vestiti nuovi, oggetti nuovi, macchine nuove e l’eleganza è sempre un po’ demodé. Ristabiliremo il valore altissimo del disinteresse, cioè di quell’esibizionismo estetico – caro agli italiani, che guideranno il gusto mondiale, e che può orientare le masse virtuali al bello, al puramente bello.
– Sì, sarà un commercio garantito, perchè non ne potremo più fare a meno, e tutto costerà di meno perché non servirà più la pubblicità, che non guarda più nessuno. In rete ci si indica le merci a vicenda, a tam tam. Ci sarà la marca visitata per più volte, senza bisogno di auto-promozione.
– Si pagheranno 5 dollari per una rosa vera e 10 per una rosa virtuale (cit. youtube, pecha kucha).
– La merce virtuale non ingombra, non si rompe, si butta senza sporcare. Fuori magari ci saranno inondazioni, terremoti, maremoti, per via dei cambiamenti climatici dovuti alla silenziosa sostituzione dell’auto-regolazione naturale con quella tecnologica. Non comprerò cose che si deteriorano, perché si rompono nelle tempeste. Compro cose che non tocco e non si rovinano. Del tatto si svilupperà quello dei polpastrelli, si inibirà quello di tutta la pelle.
– Il carattere delle merci è stato sempre casuale. Lo diceva già Keynes, si sceglie per capriccio, non per ragionamento. Ora è ancora pià facile. Giro per la rete e capito dove l’attenzione mi viene attratta, dalla macchina. La macchina mi trascina, capito dove mi piace fermarmi e voglio vedere e sentire quella cosa e sono pronta a rinunciare alla macchina nuova, alla casa nuova, alle scarpe nuove…Il cinema ce l’ho a casa, la conferenza è per tele-conferenza, il concerto lo suonano qui, eccetera eccetera…
– I prezzi sono stati sempre arbitrari. Dovuti a quale criterio di valore? Gli economisti non si sono mai messi d’accordo sul valore.
– Ma un criterio di valore c’è: io valgo per quanto posso comprare. La merce vale per quante volte si fa vedere, o visitare sulla rete. Il valore è la visibilità.
– La nostra psiche viene del tutto ingurgitata dal sistema delle merci virtuali e ci distinguiamo a seconda di che cosa compriamo in rete. Ci classificheranno in categorie di compratori online. Saremo in tempo reale dentro a calcoli di probablità statistica.
– Sarò quella che compra le cose biologiche, che boicotta le merci inquinanti o che sfruttano la manodopera infantile…
– Avremo un certo potere politico, comprando.
– Comprare è un’informazione.
– Informa sulla natura umana, sulle crisi esistenziali, sulla fede religiosa, sul funzionamento della mente, sulla psicologia, sulla nostra seconda natura alimentata dalle macchine che si alimentano di noi. Saremo esperimenti per smart objects che ci valuteraano velocemente per vedere quale definizione darci, per consigliarci cosa, dove e come fare, e comprare.
– Addio Karl Marx. O anche, grazie Karl Marx, per aver denunciato la glorificazione della merce e aver dato il lessico adatto per la sua vittoria.
– Allora sono finiti i bisogni reali? Era un’illusione il bisogno di mangiare? Dalle zone più povere del mondo si connettono e ordinano il pane che arriverà subito, su aerei di linea riciclati, vuoti di passeggeri, pieni di merce necessaria o inutile, nessuno saprà più la differenza, come nessuno già non sa più come è fatto un pollo vivo.
– È la fine dell’uomo. La parola ‘uomo’ è già da ridere, con la sua determinazione sessuata. E sarà sempre più ridicolo, con la sua pretesa di conoscere, come se ‘lui’ fosse l’autore del conoscere. È la fine dell’umanesimo.
– È la nascita dell’automatesimo.
– Automi morali, siamo l’anima delle macchine. Le alimentiamo e le pensiamo e loro ci pensano e ci fanno. Ne siamo l’energia che le fa andare e decidere per noi.
– Umani-attrezzi.
– Umani-enzimi, umani-catalizzatori, per la chimica della macchina organica che si auto-fa.
– Probabilmente va bene così.
– Sì, certo, però…cara, ma ti piace questo scenario?
– Non lo so, caro. Però sono incinta.