che si debba pubblicare solo in internet? (come una volta hanno scritto Enrico De Vivo e Gianluca Virgilio in un forum pubblico, anche se poi Enrico De Vivo mi ha spiegato che non è una posizione da prendere alla lettera).
in realtà credo che bisogni articolare.
bisogna dire che i libri sono in mano al commercio e alla falsità, e quindi siamo costretti a pubblicare su internet. come un samizdat. uno stalinismo di diversa natura.
questo non significa che pubblicare un libro sia brutto. e non significa neanche che uno scrittore si debba rifiutare sdegnosamente di pubblicare un libro. (sarebbe ovviamente un suicidio, sarebbe un atteggiamento infantile: tu non mi vuoi e allora io non ti voglio). uno scrittore, un buono scrittore, deve lottare per pubblicare libri. deve approfittare di tutte le possibilità. deve approfittare anche dell’editore cretino che pubblica il suo libro senza capirci niente, magari pensando che venderà o perché l’argomento di quel libro adesso è diventato di moda. deve approfittare anche di ciò che c’è di buono oggi nell’editoria, soprattutto nelle case editrici piccole e quindi non commerciali, che lottano per non prostituirsi.
io a volte riesco a pubblicare un libro, e ne sono contento.
(il libro è bello. si può portare in tram e leggerlo nel tram. o in campagna. si può regalare, ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.).
io pubblico in internet e ne sono contento. pubblico cose che non sarebbero accettate all’interno delle stupide griglie (il romanzo, la poesia, il saggio, ecc.). io pubblico cose che spesso sono al confine tra prosa e poesia. e che è difficile che un libraio (un commerciante di patate) possa accettare. le pubblico sia nei libri, quando posso, che in internet, quando mi capita.
si deve dire che si è costretti a pubblicare in internet. che è una riserva, come le riserve indiane. che da queste riserve si può fare una guerra. e allora bisogna dire agli scrittori: date importanza all’internet: può essere una zona di libertà (non di liberismo). pubblicate lì cose intelligenti che gli editori (i commercianti di patate) rifiutano. si deve dire ai lettori: leggete in internet. lì potrete trovare delle cose che in libreria non potete trovare.
creare l’internet come un canale alternativo. il movimento di seattle è stato organizzato in internet. ma se trovate un editore intelligente o un editore cretino che pensa che il vostro libro sia di moda, pubblicate. inquinate l’ordine delle librerie con libri originali e buoni, se potete.
usate internet come una nicchia in cui siete stati costretti e da cui si può lottare. date importanza a internet nell’ambito della lettura. convincete la gente a non leggere soltanto libri, ma anche a cercare in internet.
dire ai lettori: considerate internet una possibile alternativa.
in internet si trova di tutto: anche cose pessime. ma si possono anche pubblicare cose buone. non facciamo dell’internet il regno della libertà, ma un possibile baluardo di qualità.
forse una diffusione di buoni testi in internet convincerà anche gli editori di libri a pubblicare testi originali. non c’è contraddizione tra le due cose. dall’internet si può conquistare un pezzetto di editoria. ho letto che una casa editrice (non in italia) ha venduto i suoi libri anche in internet: come libri in internet, non stampati. questi libri hanno avuto poi una maggiore vendita in libreria. la gente comprava il testo in internet e poi comprava il libro.
internet non può sostituire il libro, ma arricchire la scrittura.