Percorrono Via delle Belle Donne e poi a sinistra il vicoletto che prosegue Via della Spada e porta in Via de’ Tornabuoni. La attraversano e giungono in Via degli Strozzi. Nel tragitto Pietro racconta ad Alice la storia della costruzione di Palazzo Strozzi, le dice che furono distrutti ben quindici edifici per fargli posto, tra cui quelli di Piero Ardinghelli, Francesco Ruccellai, Niccolò Popoleschi e Piero Tornaquinci.
“Quante belle cose che sa, professore”.
“Sciocchezze… sono altre le cose importanti…”.
“Quali?”
“Non certo Piero Ardinghelli, Francesco Ruccellai, Niccolò Popoleschi e Piero Tornaquinci. Io sono affascinato dal desiderio o forse dalla necessità che hanno avuto artisti vissuti in epoche molto lontane tra loro di esprimere la stessa identica cosa, a conferma che siamo sempre gli stessi, non siamo mai cambiati”.
“Un esempio?”
“Sono qui per il quadro di Pere Borrell del Caso, Escapando de la crίtica. Raffigura un giovane che esce dal quadro. Ci son precedenti fiamminghi, Mabuse, Gerrit Dou, chissà quanti altri. Ma l’idea ritorna in Queneau e Woody Allen. Icaro è scappato da un romanzo prima che l’autore ne descrivesse il volto, ne tratteggiasse il carattere, così è libero d’esser ciò che vuole. Il protagonista maschile de La rosa purpurea del Cairo esce dallo schermo perché si è innamorato di una fanciulla cheogni sera viene a vederlo. Escono insieme dal cinema. Anche lui, come Icaro, comincia a vivere solo in quel momento, non ha nessuna esperienza. Icaro è poco più che un ragazzo, va in giro per Parigi e si sorprende di tutto, si entusiasma per le biciclette. Nel frattempo il romanzo di Hubert è fermo, non ha il protagonista, e lo stesso accade al film, con gli attori che aspettano sempre più nervosi perché la trama non può andare avanti”.
“Professore, lei mi incanta…”.
“Allora mi chiedo: perché piace tanto agli artisti questa inverosimile fuga dalla materia di cui è costituito l’oggetto della loro arte, la pagina, la celluloide, la tela, forse le note musicali?”
“Oh… professore… oh”.
“Credo l’umorismo, anzi ne sono certo, l’umorismo è la massima espressione della saggezza, perché ci allontana da terra, ci fa vedere le cose dalla distanza necessaria a coglierne il significato senza rimanere impantanati in superficie”.
“Professore… oh…”.
“Pere Borrell del Caso, Mabuse, Gerrit Dou, Queneau, Allen ci dicono la stessa cosa, di lasciar stare le meschinità della vita quotidiana, i litigi, le gelosie, le frustrazioni, e salire in vetta, dove l’aria è più fresca e pulita, i colori nitidi, dove la neve copre le imperfezioni e dona armonia alle forme della natura…”.
“Oh…”.
“Dall’alto faremo un sorriso, lo stesso bel sorriso della Gioconda, beato, per nulla malinconico, il sorriso di chi ha capito ed è contento così, non si illude né intende tuffarsi di nuovo nella mischia per qualche illusorio desiderio di soldi, fama, potere, tutte sciocchezze”.
“È più eccitante del gruppo vasca esterno due maniglie completo di doccia duplex e flessibile! Professore, lei parla così bene che quasi scordo i rubinetti! Ho bisogno di bere qualcosa…”.
“Un Bloody Mary?”
“A quest’ora? Come le viene in mente! Un caffè, solo un caffè”.
Prendono un caffè, poi si avviano all’ingresso della mostra e mentre fanno i biglietti anch’io vado a farmi un caffè. Gina sta stirando in salotto, che poi non è un salotto ma un ambiente multiuso, anche cucina, tinello, dispensa, biblioteca, abbiamo abolito le pareti e arredato un unico grande ambiente. Gina stira ascoltando il concerto italiano di Bach nell’esecuzione al cembalo di Andreas Staier. La mia tata ascoltava Amore ritorna le colline sono in fiore, cantata da Wilma Goich e poi da Gigliola Cinquetti, canzone bellissima ma forse di qualità inferiore a Bach. Poi deve esser successo qualcosa, forse il desiderio di emulare la protagonista de L’eleganza del riccio, oppure la disoccupazione dei nostri laureati in Lettere, chi può fugge all’estero, gli altri fanno le collaboratrici domestiche. So poco di Gina, forse è laureata in Lettere o ha un diploma di Conservatorio.
“Faccio un caffé, ne vuole anche lei?”
“Grazie. Sta continuando o ha ripreso da capo?”
“Ho cambiato un po’, però apprezzo il suo stile, dove ha imparato?”
“Qui da lei, conosco tutto quello che ha scritto e tutto quello che ha letto, prendo in prestito un paio di libri a settimana, li studio per bene e li rimetto a posto. Mi chieda qualcosa sulla chiesa cristiana delle origini o sui riti vudù ad Haiti”.
“Ma no, son sicuro che sa tutto molto meglio di me, io le cose le scordo quasi subito… cos’è il sincretismo religioso?”
“Un complesso di fenomeni e concezioni costituite dall’incontro e dalla fusione di forme religiose differenti”.
“Chi era Gigliola Cinquetti?”
“Chi è Gigliola Cinquetti, è viva e vegeta, è nata a Verona il 20 dicembre del 1947, quindì avrà 63 anni, una ragazzina. Ha vinto il Festival di Castrocaro nel 1963 e l’anno dopo quello di Sanremo con Non ho l’età per amarti, bellissima, ha avuto un successo enorme, quattro milioni di copie in tutta Europa”.
“Chi è Wilma Goich?”
Gina spegne lo stiro, toglie Bach, prende la chitarra e canta:
È già passato quasi un anno
da quando sei partito
ricordo quello che mi hai detto
il giorno che tu m’hai lasciato:
“Ti amo tanto, vorrei restare,
scordarmi di partire
ma non è giusto, non sono nessuno
per te diventerò qualcuno”.
Amore, ritorna
le colline sono in fiore
ed io, amore
sto morendo di dolore.
Amore, ritorna
non importa, non fa niente
se tu non sei diventato importante
perché sei importante per me.
Un giorno è lungo, ed un anno
è lungo da morire,
ricordo quello che mi hai scritto
e ho tanto freddo dentro il cuore.
Va tutto bene, ti penso sempre,
e spero di tornare.
Un giorno o l’altro, questa fortuna
dovrà decidersi e arrivare.
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