Presentiamo qui di seguito alcune idee nate dalla discussione tra di noi, e con gli amici che con noi collaborano, intorno al progetto di questa rivista. Sono idee che servono per indicare non qualche lontana e ambiziosa meta, ma il punto di partenza, quello inscritto nel titolo della rivista: Zibaldoni e altre meraviglie – Racconti, studi, pensieri, stupori letterari. Non ci si chieda, dunque, verso dove andiamo, semmai da dove partiamo. Il resto lo si leggerà strada facendo.
Il titolo, innanzitutto
Zibaldoni e altre meraviglie è titolo composto di due parti, corrispondenti alle due grandi sezioni in cui dividiamo ogni numero: una parte dedicata agli zibaldoni, una seconda alle altre (il che vuol dire che già negli zibaldoni ve ne sono) meraviglie, cioè racconti, aneddoti, divagazioni, e quant’altro sappia farci sgranare gli occhi.
Ricerca di una disciplina
Ma che cos’è uno zibaldone? Proviamo innanzitutto a darne una definizione. Uno zibaldone è un gran calderone di scrittura ancora fumante nel quale un autore ripone il materiale frammentario della propria ricerca, che è innanzitutto ricerca di uno stile, di un ordine, di una disciplina. Qui trova la sua incubazione l’opera di uno scrittore, vi fermenta un pensiero che non esaurisce le sue possibilità, ma le sperimenta una ad una, provando ripetutamente una strada dopo l’altra, senza mai raggiungere una meta definitiva. Lo zibaldone è tensione verso l’opera, ma non è l’opera, tende alla pubblicazione, ma non è scritto per essere immediatamente pubblicato; in esso tutto appare confuso, allo stato magmatico, privo d’una forma certa e definitiva. Uno zibaldone è per sua natura impensato, se lo scrittore non sa mai quello che gli capiterà di incontrare sul suo cammino, in quali meraviglie si imbatterà, di che cosa si stupirà.
Etimologia
Persuade la derivazione di zibaldone da zabaione, poiché la mescolanza di elementi eterogenei, l’indecifrabilità dei contorni dell’opera, il suo stato caotico, tutte queste caratteristiche somigliano molto ad una crema di zabaione. Uno zabaione, come si sa, si fa battendo il tuorlo d’uovo ed aggiungendovi zucchero e liquore; così uno zibaldone nasce dall’intersezione di materiali diversi, che nella personalità dello scrittore trovano il loro collante, il loro sapore originale.
Collezionare e passeggiare
Lo zibaldone richiede l’impegno quotidiano del dilettante di genio, dell’osservatore minuzioso, del ricercatore curioso, dell’inesausto lettore. Come scrive Walter Benjamin: “lo zibaldone ha qualcosa dell’ingegno del collezionista e del flaneur” (I “Passages” di Parigi, [H 3a, 5]). Il collezionista, colui che “intraprende una lotta contro la dispersione” (op. cit., H4a,I); il flaneur, questo “animale ascetico” (M I, 3) che coopera con il collezionista, perché nel suo girovagare, egli “non si nutre solo di ciò che colpisce i suoi sensi, ma si impossessa spesso del semplice sapere, anzi di dati morti come di un che di esperito e vissuto” (M I, 5). Girovagare e collezionare, questo è lo spirito che anima lo scrittore di zibaldone. Egli passeggia, assaggia qua e là, recupera ciò che appare morto, raccoglie quanto è disperso, e colleziona, animato non da mania di possesso, bensì dalla propria disciplina di scrittore.
Leopardi, lo zibaldone e l’enciclopedia
Leopardi, come si sa, col suo Zibaldone di pensieri, è il primo grande scrittore di zibaldone, colui che ha confidato nel valore della scrittura come accumulo di materiali eterogenei, che non ricerca il plauso immediato del pubblico, ma si organizza sempre per l’avvenire, in una inesausta annotazione quotidiana, scandita da precise segnalazioni cronologiche, che danno il ritmo del proprio sapere.
Il suo zibaldone somiglia molto ad un’enciclopedia, ma se ne differenzia perché questa, secondo l’etimologia, racchiude in un cerchio (kyklos) tutto il sapere utile per la pubblica educazione. Per questo essa non può esser opera di un solo autore, ma la summa di un’équipe di studiosi. La totalità del sapere in sé compiuta rivolta all’intera società si oppone all’apertura dello zibaldone che prevede un sapere mai concluso ed è opera in progress di un solo scrittore. Così non si può fare a meno di pensare che lo Zibaldone di Leopardi sia null’altro che una risposta personale del recanatese all’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. Ad un sapere ufficiale e, per così dire, prescrittivo, l’autore di zibaldone risponde con un sapere che è continua ricerca, la quale imbocca nuove strade, giungendo a conclusioni radicalmente opposte rispetto a quelle degli enciclopedisti. Il pessimismo leopardiano, come si sa, è agli antipodi dell’ottimismo che aveva dettato le pagine degli enciclopedisti francesi.
Zibaldone e aforisma
Scrivere non per la pubblicazione vale scrivere per un lettore possibile, ma ancora da definire, come da definire è il pensiero che si espone in uno zibaldone. Il lettore di là da venire s’affaccia all’orizzonte, ma non lascia riconoscere chiaramente la sua fisionomia. Di qui la possibilità di scrivere con approssimazioni, citando a memoria, appuntando nomi propri che si ripetono nella pagina, affidando ad un eccetera la prosecuzione del discorso, esprimendo il pensiero in forma mai compiuta, mai esauriente, ma sempre rimandando ad altro pensiero, ad altra occasione. Da questo punto di vista, lo zibaldone è l’opposto dell’aforisma, del pensiero breve che esaurisce il suo universo semantico nell’ambito di un breve giro di frase. L’aforisma è il pensiero pensato una volta per tutte, la forma compiuta, immodificabile, pronta per lo scalpello dello scultore di epigrafi. E tuttavia la frase folgorante, che non sarà affatto necessario modificare, perché è il risultato di una geniale momentanea intuizione, rientra a pieno titolo nelle possibilità di scrittura individuabili in uno zibaldone; ne è parte, ma non ne esaurisce il significato.
Zibaldone, diario, autobiografia
Il diario è più vicino allo zibaldone per il suo carattere di deposito quotidiano dell’esperienza intellettuale di uno scrittore; ma se ne discosta perché nel diario il “vissuto” di uno scrittore ha la meglio, l’io la fa da protagonista. L’annotazione quotidiana (oggi ho fatto questo e quest’altro, ho incontrato Tizio e Caio, eccetera) è la cifra distintiva del genere diaristico. Qualora in un diario lo scrittore privilegi la descrizione della sua esperienza intellettuale rispetto ai casi minuti della vita, sarà da vedere quanto di zibaldoniano vi sia in quel diario, e quanto invece appartenga solo ed esclusivamente alla forma diaristica.
Anche l’autobiografia infatti trova un momento importante di elaborazione in uno zibaldone. Basti ancora una volta pensare alla sezione dello Zibaldone di Leopardi intitolata “Memorie della mia vita”.
Antigenere per eccellenza
La caratteristica dello zibaldone è, dunque, di essere onnicomprensivo, di fagocitare ogni altro genere. Esso è personale enciclopedia del sapere, diario di una esperienza intellettuale, autobiografia. Lo zibaldone è tutto questo, ma richiede che tutto questo sia mescolato insieme, a tal punto che ogni genere sia irriconoscibile. Esso è quindi, per sua intima costituzione, l’antigenere per eccellenza, poiché annulla i confini dei generi canonici nel momento in cui li confonde e li assembla, sempre andando al di là del genere. E c’è da chiedersi se lo zibaldone non nasca come reazione alla canonizzazione dei generi letterari che la tradizione rinascimentale e post-rinascimentale ha imposto nella letteratura. Se così fosse, allora, scrivere uno zibaldone significherebbe davvero rompere con i canoni, far rivivere una tradizione a dispetto di essi, considerarli come involucri morti ed ora del tutto inutili dell’esperienza letteraria; significherebbe ricondurre finalmente questa esperienza alla sua natura di istinto primordiale e incontenibile dell’uomo: l’istinto letterario, che, contro ogni dogma, contro ogni ufficialità, ama riaffacciarsi di tanto in tanto nel campo della letteratura, sconvolgendone gli assetti e facendo così, lui da solo, opera autenticamente letteraria.
Zibaldoni e altre meraviglie
Scrivere uno zibaldone significa vagabondare alla ricerca di quelle meraviglie che gli uomini hanno disseminato a piene mani, magari senza curarsene. Questo è il piacere dello scrittore di zibaldoni; ed è il piacere anche del narratore. Le altre meraviglie, infatti, saranno i racconti degli scrittori, i documenti insoliti e sconosciuti, le storie impensate ritrovate per caso o dopo assidua e tenace ricerca, fuori da ogni professionismo, col solo fine di scoprire un sempre nuovo sentimento della vita.
La meraviglia nasce dal racconto di eventi riguardanti il nostro destino, è conoscenza inaspettata che si avvale non del pensiero razionale, bensì della capacità narrativa dell’uomo di giungere in luoghi sconosciuti ed impensati. Essa è il migliore antidoto alla serializzazione della letteratura e alla standardizzazione del cosiddetto prodotto narrativo; ma non è mai semplice stato d’animo passeggero, volontà di stupire fine a se stessa. La meraviglia è sapienza narrativa.
Su questi principi si fonda la rivista che qui si inaugura. Ma, si sa, le dichiarazioni d’intenti, lasciano sempre il tempo che trovano. Noi ora terminiamo con i discorsi introduttivi, sempre poco o per nulla “meravigliosi”. Se questa rivista ha una ragion d’essere, essa non è nelle teorie, ma nelle meraviglie degli scrittori. Per questo non ci rimane che dar loro la parola e augurare al lettore “buona lettura” su www.zibaldoni.it.