Ero certa di recarmi ad una riunione di condominio allargata nello spazio, un’assemblea fra gente che condivide non i piani di un palazzo ma strade innumerevoli di villette, giardinetti, parchi, slarghi, fossati e ruscelli. E che, pure, non e più numerosa di un qualsiasi palazzone di Roma.
Siccome da queste parti alla gente gli piace vivere larga, uno al di qua e uno al di là di prati, siepi e steccati, e siccome da queste parti hanno tanto spazio a disposizione da poterselo permettere, la prima cosa che mi ha colpito alla riunione di contea è stato proprio questo: che eravamo pochi come mi ero immaginata. Pochi come in qualsiasi riunione di condominio che si rispetti, dove ce n’è sempre uno con un paio di deleghe in tasca, e poi quello che non s’è mai visto, e quello che arriva tardi, dopo un paio di votazioni, e per il resto tre gatti rispetto ai tanti pianerottoli dell’edificio.
Poi l’altra cosa che mi ha colpito perché l’avevo proprio prevista giusta giusta è stata la pochezza delle decisioni da prendere. Di cosa vuoi che si discuta, in una riunione di contea? Mi ero detta. In una contea come questa, precisa, pulita e decorosa, dove ci si controlla a vicenda, c’è pure il crime watching pubblicizzato agli angoli delle strade con il monito a chi avesse brutte intenzioni: ‘sta attento che da queste parti tutti osservano tutto dal privato delle loro villette, e al minimo segnale di devianza chiamano la polizia.
E di che si potrà mai discutere se non del signor Johnson che ha lasciato crescere troppo l’erba nel suo giardino: lo si deve invitare a chiamare più spesso il giardiniere. E poi c’è la signora Smith che non ha recintato correttamente il suo terreno: ha mangiato ben due centimetri del vialetto pubblico che porta al playground: dobbiamo scriverle una lettera ufficiale per farla retrocedere. E simili.
Infatti. La riunione si teneva nel centro della cittadina di Bethesda, in una sala che la contea affitta all’interno di un grande palazzo adibito a negozi e uffici. La sala era molto ampia e semivuota, arredata solo con qualche fila di sedie di plastica e un paio di tavoli di fronte.
Quando sono arrivata la discussione era già in corso e gli argomenti non mi stupivano. Fra una strada dove il cartello di stop non era abbastanza visibile (in una strada deserta, dove gli incroci avevano una visibilità totale) e il mucchione di foglie che il servizio della contea non aveva ancora provveduto a rimuovere, tutto stava procedendo secondo le mie previsioni. E io già stavo decidendo che in fondo potevo anche non essere andata, tutto era così banale che potevo anche immaginarmelo da casa e basta, senza scomodare la mia vita per farne l’esperienza.
Però, proprio in quel momento, si è alzato un signore con un problema più serio: una scuola situata di fronte a casa sua aveva contravvenuto alle regole decise dalla contea e aveva fatto un parcheggio là dove aveva promesso di costruire un giardino. Oltre alla bruttezza del parcheggio, che offendeva la vista del signore in questione, c’era da calcolare la perdita del valore della casa, che invece di confinare con un giardino si trovava a confinare con una spianata di cemento.
E qui la riunione mi ha stupito. Qui sono stata felice di aver investito il mio tempo e le mie energie nel fare questa nuova esperienza. Perché quello che è seguito non era affatto quello che mi aspettavo.
Una levata di voci contro la scuola, una serie di invettive contro la malagestione del direttore, una manifestazione roboante di solidarietà al proprietario.
Questo pensavo avrebbe suscitato il racconto del signore.
E invece alla sua ben dettagliata esposizione che insieme alle promesse infrante citava accordi, date e commi, è seguito un luttuoso silenzio.
Tutti gli astanti erano partecipi, scuotevano la testa, alcuni anche sbuffavano. Uno seduto vicino al signore danneggiato gli ha addirittura stretto la spalla. E quello, commosso da tanta condivisione, si è seduto tremolando i fogli fra le mani.
Poi i partecipanti hanno cominciato ad alzare la mano. E il presidente della riunione ha cominciato a dare la parola. L’ha concessa, per primo, ad uno che ha espresso tutta la sua solidarietà al proprietario della casa, e ha fornito ulteriori dettagli sul parcheggio in costruzione. Poi ad una che ha informato tutti di un’ulteriore inadempienza della scuola in questione. Poi ad un altro che ha raccontato di un caso simile risolto brillantemente da un avvocato di cui avrebbe potuto procurarsi il nome.
E quindi varie proposte sono state ascoltate, varie soluzioni valutate. Finché non si è deciso di fare un’azione della contea contro la scuola in questione. Una lettera dura e decisa che imponeva una soluzione immediata: l’eliminazione del parcheggio in questione o, in alternativa, la creazione di una barriera verde che lo nascondesse alla vista. Con minaccia di adire alle vie legali in mancanza di una pronta soluzione al problema.
Il proprietario ha ringraziato, il presidente ha dichiarato risolto il punto e si è passati oltre, ad ascoltare il punto successivo: chi si offriva volontario per scrivere il prossimo pezzo sulla rubrica che la contea mandava a tutti i cittadini iscritti alla newsletter. Perché, esiste una newsletter? Ho chiesto io, e mi è stata gentilmente spiegata l’esistenza di questo mezzo di comunicazione molto efficace, che si usa per raccogliere fondi per la manutenzione del giardinetto pubblico, per mettere in vendita oggetti personali o per trovare un nuovo giardiniere. Basta vivere nella contea per poterne fare parte. Mi sono iscritta subito, ovviamente, e poco dopo sono uscita, ma a malincuore.
Ho dovuto lasciare quella stanza rassicurante in cui si discuteva di inezie e di questioni importanti. In cui ci si sentiva solidali con i nostri vicini e in cui si esprimevano con tanta pacatezza i propri pareri e consigli. In cui non si parlava a caso o a lungo ma si esprimevano opinioni ponderate, e in cui si davano solo informazioni utili.
Sono uscita di lì con la consapevolezza di essermi lasciata stupire dalla situazione che meno mi aspettavo. Perché non avrei mai immaginato una riunione di condominio in cui si parla solamente per darsi una mano.