Articoli di Stefano Zangrando
Hermano germano
Pablo d’Ors l’ho scoperto grazie al consiglio di lettura di un amico scrittore, e non poteva essere altrimenti. Proprio così: con l’estinguersi delle librerie indipendenti – nel 2014 hanno chiuso tutte e tre quelle che frequentavo sulla linea del Brennero – e in assenza di una pubblicistica abbastanza autorevole da opporsi allo smarrimento del senso [continua]
«Mi chiedevo se tutta quella fortuna l’avrei mai inserita nel mio cosiddetto curriculum, come si usa fare oggi, che tutto finisce nel curriculum, fesseria delle fesserie: fare le cose anche perché “fanno curriculum”– ma cos’è questa obbedienza al “curriculum”? E fino a che età, poi? Fino a quando uno deve dipendere dal proprio “curriculum”? Trentacinque [continua]
Riprendo dopo vari mesi la riflessione avviata con il post inaugurale di questa rubrica. Qui a Zibaldoni si sapeva che in seguito mi sarei ritirato nel silenzio, e ho trovato comprensione per la mia impasse. Un collaboratore della rivista, in particolare, si è mostrato particolarmente caloroso, raccomandandomi di non mollare, letteralmente di «tener testa agli [continua]
Salve. C’è un uso corrente della parola «lanternino» che è quello al quale ho pensato nel concepire questa rubrica. Si dice «avanzare col lanternino» nelle situazioni senza via d’uscita o quasi, quando tutto intorno a noi pare oscuro e privo di risposte, oppure talmente saturo di disvalori, o quelli che a noi paiono tali, che [continua]
Caro A., da dove nasce questa tua improvvisa insofferenza verso chi dichiara di stare “lavorando a un romanzo” o di voler finalmente, dopo due plaquette di poesia o vent’anni di lavoro dipendente o tre da blogger, “scrivere un romanzo”? Da sempre non condividi l’uso che della parola “romanzo” fanno le persone mediamente colte del tuo [continua]
Non so, conosco scrittori che fanno man bassa di tutto o quasi quel che vivono – e lo fanno bene, appunto perché sono scrittori. Io invece, che sono sempre meno sicuro di aver imboccato la strada giusta, non ci riesco. C’erano almeno due o tre esperienze, ultimamente, che mi sarebbe piaciuto fissare in parole, sapendo [continua]
Spesso un romanzo nasce da una semplice immagine, un’intuizione, e altrettanto di frequente, dei grandi romanzi a rimanerci impressi sono i personaggi più che le loro azioni. Quanti episodi del Don Chisciotte sono ormai soltanto ricordi vaghi, mentre l’anelito tragicomico del cavaliere della Mancha e la grassa prosaicità del suo fedele Sancho Panza sono ben presenti e [continua]
Immàginati un canto
Tra Kiš e Flaubert Massimo Rizzante, in un saggio dedicato all’«ideale enciclopedico» di Danilo Kiš, ne sottolinea l’appartenenza al grande albero genealogico del romanzo moderno: «Penso che l’ideale enciclopedico di Kiš sia intrinseco all’arte del romanzo e alla sua storia: esso rappresenta sua permanente aspirazione a riprodurre in una forma – “attraverso una strategia polifonica” [continua]
per Mauro Martini Un buon romanzo, di solito, si riconosce fin dalle prime pagine. Non solo: di solito, nelle prime pagine di un buon romanzo c’è già, in nuce e riconoscibile a una lettura attenta, tutto quello che verrà dopo, sia dal punto di vista tematico, sia da quello stilistico e formale. Generation “P” di [continua]