Viaggio a Timbuctù
«Non è necessario che dica che nel fondo del mio cuore nutrivo sempre il progetto di visitare l’interno dell’Africa. Sembrava che nessun ostacolo potesse più fermarmi, soprattutto quando seppi che a capo della colonia era il Signor barone Roger la cui filantropia e lo spirito aperto mi promettevano un protettore di tutte le imprese grandi e utili. Gli chiesi dunque l’autorizzazione di viaggiare all’interno, con l’appoggio e sotto gli auspici del governatore del re: ma con estrema bontà il Signor Roger cercò di raffreddare il mio zelo. Mi fece presente che l’impresa in cui volevo impegnarmi offriva possibilità di riuscita che sarebbe stato incauto sacrificare, ma che d’altra parte la mia giovinezza e la mia inesperienza avrebbero potuto mettere a rischio, senza risultati, il mio avvenire e forse la mia vita. Queste raccomandazioni gli valsero la mia riconoscenza ma nulla cambiarono alla mia risolutezza. Insistetti per partire e aggiunsi che se il governo non accoglieva le mie offerte avrei viaggiato con i miei soli mezzi. Determinazione che fece effetto sull’animo del governatore, il quale mi accordò qualche mercanzia per andare a vivere tra i Brakna, imparare la lingua araba e le pratiche di culto dei Mauri al fine di giungere poi, ingannando la loro gelosa diffidenza, a penetrare più facilmente nell’interno dell’Africa».
René Caillié, primo europeo ad aver raggiunto Timbuctù ed esserne tornato, quando nel 1828 rientrò in Francia dal suo viaggio fu dichiarato eroe nazionale. Aveva compiuto un’impresa senza precedenti: a piedi, da solo, camuffato da arabo, ossessionato dal sogno di raggiungere quella città entrata fin dal Medioevo nel mito, aveva camminato per mesi e mesi dal Senegal al Nord del Mali sfidando infiniti pericoli, malattie, e la continua paura di essere scoperto, lui francese, in regioni dove ai Bianchi non era consentito mettere piede, pena la morte. Questo libro è l’incredibile resoconto di quella impresa, fonte ricchissima di notizie su zone e popolazioni fino ad allora ignote dell’Africa. Lettura appassionante e strana in cui si entra come in un film di avventure rimanendo catturati, oltre che dal personaggio, sempre in primo piano con le sue osservazioni ed emozioni, dalle continue, avvincenti storie che accompagnano le scene di una vita tanto diversa in regioni tanto remote.
René Caillié nacque il 19 novembre 1799 nel villaggio di Mauzé-sur-le-Mignon, in Francia. Fin da bambino, il suo eroe era Robinson Crusoe, il suo sogno Timbuctù, la “città misteriosa”, in cui, nessun cristiano aveva più messo piede dal XV secolo. Il 27 aprile del 1816, a sedici anni, Caillié si imbarcava come mozzo sulla Loire, una piccola nave che trasportava coloni nel Senegal. Il Journal d’un voyage à Temboctou ha inizio da questo momento ed è il resoconto di un viaggio che dura decenni, fino al ritorno in patria nel 1828. Nel 1833, malato, minato da tosse e febbri, Caillié sognava ancora una traversata dell’Africa da Sud a Nord, da Capo di Buona Speranza al Mediterraneo. Morì il 15 maggio del 1838.
Barbara Fiore, etnologa, africanista, è stata docente di Etnologia presso le università di Viterbo, Urbino e Roma due-Tor Vergata. Nelle sue ricerche ha studiato il rapporto col mondo soprannaturale in alcune culture del Maghreb, del Sahara e del Sahel. Si è occupata di talismani e scritture terapeutiche tra gli Ulad Askar della Tunisia, dei sistemi simbolici nei tatuaggi della Kabilia algerina, della divinazione e della malattia tra i Dogon del Mali, dei cambiamenti sociali in atto e dei legami con la tradizione tra i Tuareg Kel Antsar del Mali. Tra i suoi libri ricordiamo Il bosco del guaritore (Bollati Boringhieri, 2001) e Tuareg (Quodlibet, 2011). Ha curato l’edizione di Dio d’acqua di Marcel Griaule per Bollati Boringhieri (2002).