“Vedo il viso del Mahatma Gandhi e di tanti altri maestri di umanità (forse anche Socrate, Gesù Cristo, se i nomi non vi sembrano troppo grandi). Anche di loro si diceva che avevano violato la legge. Avevano violato la legge vecchia perché ne nascesse una nuova, migliore. Qualche volta è necessario”.

È uscito da qualche settimana il numero 21 di “SUD”, la storica rivista “napoletana ed europea” diretta oggi da Francesco Forlani, ma fondata nel 1945 da Pasquale Prunas. Il tema di questo numero è il tempo. Un tempo “sospeso”, come da esperienza di lockdown e chiusure letterali e metaforiche, per cui molti interventi (traduzioni, poesie, narrazioni) ruotano intorno alla pandemia. Presentiamo su “Zibaldoni” due testi tratti da “SUD” numero 21: il primo, di Olivier Maillart, propone una riflessione a partire da un racconto di Marcel Aymé; il secondo (tra qualche settimana) di Anna Smeragliuolo Perrotta, divaga sul verbo napoletanissimo “arrecrearsi”.

L’affresco di Rossanda è analitico nella ricostruzione di storia e personaggi, va alla ricerca di spiegazioni, traccia bilanci, laddove Pintor gioca tutto a trattenere e scorciare con un effetto di concentrata trasognatezza.

Il declino della critica militante è diventato ineluttabile nel momento in cui le sfacciate tirature hanno preso il posto dei franchi tiratori; piaccia o no, è proprio una questione di genere, se non di canone…

“La difficoltà del comandamento bellico cinese di conoscere il proprio nemico sta nella sgradevolezza che quella conoscenza ci provoca. Così il più elementare degli stratagemmi può essere messo in atto dal più inumano, indifferente alla nausea, o dal santo, che per il proprio nemico non ha che amore. Per questo è il santo, il più perfetto assassino”.

Per Domenico Rea

di in: Bazar

Ricorre oggi il centenario della nascita di Domenica Rea (8 settembre 1921 – 26 gennaio 1994), scrittore tragico e selvaggio tra i più misconosciuti del nostro Novecento, nato a Napoli e vissuto a Nofi (“questo paese che non riuscii a chiamare mai col suo vero nome”). Pubblichiamo qui “Il Regno”, pezzo iniziale di “Nubi”, un piccolo prosimetro del 1976 dedicato all’infanzia nella terra natia. L’aria onirica e malinconica che vi circola è una delle caratteristiche della sua poetica, e potrebbe invogliare forse alla riscoperta del suo universo immaginifico.

Eredità

di in: Antologia

“Man hands on misery to man”, scriveva Philip Larkin. Quasi sempre una simile eredità si arricchisce di doni inaspettati, che però, come in questo racconto di Marchesini, non si capisce mai bene se liberino il dolore dalla vergogna e dallo scandalo o se lo acuiscano ancora di più.

Il tuffo insomma, laddove chiude la sua forma, può mettere in comunicazione con le regioni misteriose del sogno, come sprofondare nello spruzzo blu d’un quadro di Mirò. Oppure può virare in una realtà d’incubo: la terra resa un cumulo di macerie senza fine a causa di un conflitto nucleare, ora oleografata da una macchina dominante chiamata Matrix.

Alla prima luce rimpianse che fosse ormai inverno, e non si potessero più vedere i bei colori del sole. Chissà se Guido ci pensava, lui che diceva che i colori erano tutto.

Gli autori passano in rassegna i cambiamenti dei paradigmi culturali, con peculiare attenzione a quanto emerso dal pensiero geopolitico nel periodo successivo alle riflessioni di Carl Schmitt e Martin Heidegger, superata quindi la definizione di terra come sacro rifugio della/nell’identità perduta.

“È in coma, non la può sentire,” ha detto l’infermiere, mentre con gli occhi continuava a seguire lo schermo. Finché i tracciati sono scesi, si sono appiattiti del tutto.

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