La seconda estate
Pavese/ 9

Alla fine era arrivato anche il suo turno. Orgoglioso, Carlo Transi aveva spinto la mole del suo corpo sui gradini di legno fino al palco messo assieme nel primo pomeriggio dagli operai (sotto gli addobbi, due gomme abbondantemente usurate rivelavano il rimorchio di un trattore). Per uno di quei moti incomprensibili tipici dei raduni di [continua]

Le creature dell’aria sono prossime alla bellezza e alla sapienza che può scaturire dalla poesia, la quale, secondo la tradizione romantica tedesca, ha anche nell’usignuolo una sua incarnazione, quasi che la natura sia capace di cantare se stessa attraverso le proprie creature e sappia amare i poeti come Arnim.

Eh certo, e in più Bandini scrive in diversi tipi di versi: esametri, distici elegiaci, strofe alcaiche, trimetri giambici… La lunghezza dei poemetti varia tra i 51 versi e i 200, una lunghezza media molto superiore a quella della poesia in italiano, dove pure non mancano i poemi di una certa lunghezza, in controtendenza con la poesia italiana contemporanea e in particolare con l’ermetismo, che fioriva ai tempi della gioventù di Bandini, ma da cui lui si è sempre tenuto lontano.

La serpentina permette, in senso metaforico, di eludere qualcosa di spiacevole (la richiesta della brigata, la bastonatura del signore) o di difficile. Non è detto che i due termini non coincidano e che quanto pone difficoltà e impegno diventi presto sgradito. Allora un risvolto più problematico della serpentina elegante e liberatoria avrà a che fare con la responsabilità.

Mi poteva succedere davvero sempre, anche in una giornata di sole pieno, con il manubrio della biciclettina che scintillava, il vento sulla faccia, le mamme sedute sulle panchine e l’acqua dell’Arno che scorreva accanto. Tutto bello e tiepido e luminoso, fino a quel momento di tristezza, che bloccava le cose al loro posto e me le faceva immaginare finite, lontane, desiderabili e perse.

Per lo sguardo che rivolge al rapporto dei personaggi con la loro età, il romanzo di Inglese squarcia un velo. Nella maggioranza dei casi, avanziamo nella più assoluta incoscienza dell’osservatorio temporale, di giorno in giorno diverso, da cui ci affacciamo sulla vita. Ciò è sempre vero, ma a maggior ragione nel regno della «giovinezza permanente» a cui condanna un mercato del lavoro influenzato da un capitalismo sempre più spietato e di cui il sistema artistico contemporaneo, ossessionato dalla ricerca spasmodica della “novità”, costituisce una metafora evidente.


