Ho preso una quantità di pillole che mai avrei creduto di poter ingurgitare nello stesso giorno. Gialle, marroni, bianche e rosina. Toni naturali, pasticche enormi. Ho faticato a buttarle giù nonostante i litri di acqua e una gola tutto sommato ubbidiente. Forse era il cervello che si ribellava… “Ma sei matta? Vorrai mica prenderle tutte???!!!”, [continua]
Le prime volte
Camminavo in un parco dall’erba curatissima e verde intenso. Alle spalle avevo lasciato una pista ciclabile sterrata, graziosamente curva, e gli amici che ci avevano invitato, che conversavano con mio marito. Davanti avevo un mare vasto, azzurro, liscio, e un cielo striato di nuvole leggere. Ho posato la bici e percorso alcuni passi soffici sull’erba [continua]
Ero certa di recarmi ad una riunione di condominio allargata nello spazio, un’assemblea fra gente che condivide non i piani di un palazzo ma strade innumerevoli di villette, giardinetti, parchi, slarghi, fossati e ruscelli. E che, pure, non e più numerosa di un qualsiasi palazzone di Roma. Siccome da queste parti alla gente gli piace [continua]
In realtà non stavo assolutamente facendo quello che credevo, ma questo l’ho capito solo dopo. Lì per lì ho strappato gli assegni e li ho messi nella busta con un gesto brusco, nato dalla serie di pensieri sgradevoli che tutta la faccenda mi stava causando. Ai miei piedi, sotto la scrivania, avevo il cestino colmo [continua]
Ero l’unica mamma, all’“Evento mamme e figlie”, a non avere una figlia con me. L’evento in questione, a cui una signora aveva invitato mezza scuola della sua creatura, era la presentazione del libro di un’amica che parlava di una dodicenne a cui era morta la mamma. Nella bella casa della signora si sfilava dentro l’ingresso [continua]
Ero direttamente coinvolta perché sul palco delle onorificenze, da lì a poco, sarebbe salita mia figlia. “Dio, una noia mortale…”, mi aveva detto qualcuno di tutta la cerimonia. E io avevo pensato: Ma come! È la fine di un ciclo, se mia figlia fosse alla scuola americana sarebbe il suo ultimo anno, poi andrebbe a [continua]
Me ne stavo al computer insieme a mio marito a sbrigar faccende, una domenica sera, e abbiamo sentito un paio di grida, nella strada. Abbiamo pensato che era strano, che una voce umana rompesse la perfetta calma del suburbio residenziale. Sopratutto nella sera buia e immobile del suburbio residenziale. Ma siccome le grida erano brevi [continua]
Ero ospite, con i miei, di un amico che non c’era e che ci ha lasciato usare la sua casa lanciata a sessantaquattro piani da terra. Tutta curve, e aperta coi vetri sul panorama. Non voleva lasciare dubbi, l’architetto; voleva far percepire chiaramente a chi ci avrebbe abitato di essere proiettato oltre la norma, in [continua]
Ho attraversato, con la mia famiglia, campi su colline dolci e lavorate con amorosa cura. Arature fresche e raccolti pronti allineati su geometrie colorate di gialli e marroni intensi, verdi rigogliosi e promettenti. Ho visto le fattorie dipinte di bianco, grandi e ordinate, con silos enormi e altissimi a contenere il mais, accanto. E file [continua]
Ero preoccupata e irritata. Preoccupata perché il giardino della casa che avevamo appena preso in affitto, trascurato da troppo tempo, era in uno stato semiselvatico rispetto alle altre case del quartiere. Le quali, non avendo recinzioni, facevano ognuna bello sfoggio delle loro siepi scolpite, i fiori delle aiuole in tinta l’uno con l’altro, i canali [continua]
Non sapevo cosa aspettarmi. Qualcuno mi aveva parlato di questo uso a me sconosciuto, che invece qui è all’ordine del giorno, di mettere in vendita le parti mobili dentro il bene immobile. Se cambi casa e devi liberarti dell’arredamento diventato inutile fai una estate sale. Se sei vecchio e devi racimolare soldi per trasferirti in [continua]
Ero a Baltimora coi miei figli e il loro padre, suo fratello, la moglie e la loro bambina. Una giornata di sole e di freddo, tutta tersa e piena di luce, di vento e di voci portate. Baltimora è vicina a Washington, è piccola e sta sul mare. È una delle città più antiche, una [continua]
Una premessa
Per forza di cose, nella vita, si fa sempre qualcosa per la prima volta, come respirare, camminare, bere il latte o un bicchiere di vino, cadere, andare in bici, guidare, baciare, scrivere una lettera o redigere un testamento. E per il corso naturale degli eventi, poi, queste prime volte vengono dimenticate perché troppo lontane dall’età [continua]