Archivi tag: cesare pavese
Pavese/ 9
Pavese/ 8
Pavese/ 6
Pavese/ 5
Pavese/ 4
Da quando son qui non ho ancora dormito una notte sul serio, pensavo. Come faccio a resistere fino a domani? E Vinverra si aspetta che gli accenda la macchina. Guardavo il lenzuolo e la faccia, e cercavo di stamparmi in mente com’era Gisella da viva, per ricordarmela sempre. Le ferite alla gola resteranno, pensavo, non si chiuderanno mai più come le altre. Da morti, la pelle marcisce, non si rimargina più. Chi sa se sentiva ancor male?
Pavese/ 3
In quei giorni, ricordo, mi svegliavo di colpo; pensavo a Linda e mi pareva di avercela accanto. Ma poi stavo nel letto con gli occhi chiusi e pensavo a tutt’altro; mi pareva di averci un grosso affanno e di essere come un bambino, più solo di un cane, aver fatto qualcosa di brutto e di senza speranza. Non avevo più scampo, non osavo sentirmi, avrei voluto non svegliarmi e morir lì. Neanche l’idea che se un giorno avessi avuto Linda accanto l’avrei presa, mi bastava. Mi facevo pietà, quest’è il fatto. Ero come un bambino che mettono nudo sul tavolo e poi mamma e sorelle se ne vanno di casa. Nascondevo la testa e mi affannavo.
Pavese/ 2
Ogni artista cerca di smontare il meccanismo della sua tecnica per vedere com’è fatta e per servirsene, se mai, a freddo. Tuttavia, un’opera d’arte riesce soltanto quando per l’artista essa ha qualcosa di misterioso. Naturale: la storia di un artista è il successivo superamento della tecnica usata nell’opera precedente, con una creazione che suppone una legge estetica più complessa. L’autocritica è un mezzo di superare se stessi. L’artista che non analizza e non distrugge continuamente la sua tecnica è un poveretto.