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Nella poca luce della corte è il canto dei monaci con formule ripetute, mi sembra, all’infinito che mi guida alla cappella. Solo la luce delle candele illumina l’interno. Prima di entrare, e dopo ripetuti segni di croce, tutti toccano e baciano le icone. Non è effigie del santo l’icona per i greci ortodossi, ma il santo stesso, “come quando la stella della sera appare in cielo, e non avrebbe senso dire che è solo apparenza della stella della sera e non la vera stella della sera”, dice, a proposito dell’icona, un mistico russo.
Caldo, caldissimo, eppure metri di tessuto coprivano i passanti, dai piedi alla testa, e la stoffa avanzava, per giunta. Li riparava dal caldo, da occhi indiscreti, falsi giudizi. Ho desiderato anche io metri di tessuto a coprirmi quando sentivo occhi curiosi su di me, troppo occidentale, mi avrebbero permesso di camminare serena e sicura. Via, si va, camminiamo, c’è tanta gente.
Oggi è il trentasettesimo giorno di epidemia da covid. Ci è stato raccomandato di non uscire, siamo chiusi in casa. Se non possiamo uscire di casa non possiamo certo viaggiare e, di fatto, tutte le comunicazioni, terrestri, aeree, navali, sono interrotte. Di me posso dire che non sono un viaggiatore nel senso che si dà [continua]
Tempi eccezionali, sì, non c’è altro modo per definirli, per descrivere l’alternarsi di sentimenti e il caos di pensieri che li stanno accompagnando. Improvvisamente reclusi, isolati, minacciati. Per l’esattezza, presi di mira. E circondati da un silenzio che è stupefacente, perché non siamo né in campagna né in montagna ma proprio nel centro della capitale. [continua]