Tempi eccezionali, sì, non c’è altro modo per definirli, per descrivere l’alternarsi di sentimenti e il caos di pensieri che li stanno accompagnando. Improvvisamente reclusi, isolati, minacciati. Per l’esattezza, presi di mira. E circondati da un silenzio che è stupefacente, perché non siamo né in campagna né in montagna ma proprio nel centro della capitale. [continua]
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Non poter compiangere i morti: il divieto del seppellimento evoca Antigone, la sua affermazione di un diritto che è oltre le leggi, iscritto nella natura corporea e intima dell’appartenenza (autoadelphon, lei dice del fratello, unendo il possessivo al sostantivo, come accade in alcuni nostri dialetti meridionali: fratima, mio fratello).
Una serie di case-gabbia azzurre come se avessero incorporato il cielo e l’aria. Gabbie perché l’orrore del domicilio rischia di dominarci oggi come non mai; ma ancora case, dove e per mezzo delle quali Papetti riesce a instaurare con i materiali e gli oggetti più svariati – riciclati improvvisati ritrovati – un rapporto non solo affettuoso, ma riflessivo.
Ho sempre sostenuto che la mia città doveva sprovincializzarsi; beh ora abbiamo fornito al mondo l’immagine iconica che probabilmente resterà a simboleggiare questi mesi: la processione di camion dell’esercito, carichi di bare, che attraversano le strade notturne, emettendo un rumore sordo e persistente.
Quello che non s’è mai visto prima è il mondo degli oppressori, che è il nostro e vostro mondo, agghindarsi a vittima con slogan così nauseanti. Andate nelle zone del pianeta dove ogni anno ci sono milioni di morti di ogni età per quanto di peggio si possa immaginare tra inedia, malattie e guerre, e provate un po’ a dire, “Certo che questa polmonite… una cosa mai vista prima, eh?”.
Questo testo è stato pubblicato l’anno scorso in un volume edito da Lubrina con lo stesso titolo; era stato scritto da tempo, ben prima dell’era Salvini per intenderci. Si trattava di una tendenza dominante, che chi sa se, come dicono molti, sarà superata da un nuovo dopoguerra più solidale ed umanitario. O se l’idea del “virus cinese” tornerà subito a riprendersi il campo. [A. V.]
Il dolo all’umanità non si fa solo con atti “fisici” poco rispettosi del prossimo, ma anche con la scarsa attenzione per il modo in cui si comunica. In questo ambito, considero abbastanza sterile perdere tempo a identificare dei nemici (i giornalisti, i politici, gli influencer); domandiamoci, piuttosto, cosa può fare ognuno di noi per tenere pulita da cartacce la propria sfera comunicativa.
Saranno, dunque, Zibaldoni d’eccezione, quelli che vedranno la luce, in un duplice senso: per lo stato in cui sembrano piombare sempre più le nostre comunità, e perché siamo convinti che la letteratura, a maggior ragione in una situazione del genere, deve ancora di più fare eccezione, staccandosi dall’attualità